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Italia in esercizio provvisorio già per 33 volte, torna lo spettro…

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Italia in esercizio provvisorio già per 33 volte, torna lo spettro delle vecchie abitudini

Bettino Craxi (al centro), da premier nel 1983 riuscì ad evitare l’esercizio provvisorio
Bettino Craxi (al centro), da premier nel 1983 riuscì ad evitare l’esercizio provvisorio

Avrebbe dovuto essere l’eccezione, eppure nella prima Repubblica è stato utilizzato 33 volte, e anche nella seconda Repubblica è sempre stato agitato come spauracchio per uscire dai pantani delle crisi di governo. Lo spettro dell’esercizio provvisorio è tornato a far parlare di sé in questi giorni, dominati dalla difficoltà di formare un esecutivo e dalla possibilità che non ci siano i tempi per approvare la manovra di fine anno. Con la conseguenza di far diventare realtà gli aumenti dell’Iva delle clausole di salvaguardia, pronti a scattare da gennaio 2019.

La Costituzione e il vincolo dei quattro mesi
L’esercizio provvisorio del bilancio in teoria è una misura straordinaria che dovrebbe trovare rara applicazione, anche se, dalla data di entrata in vigore della Costituzione, 42 leggi hanno dato il via libera a questo strumento (33 per l’autorizzazione effettiva e 9 per garantire una proroga). La Costituzione (articolo 81), infatti, prevede due condizioni: primo, che la misura sia autorizzata formalmente da una legge; in secondo luogo l’esercizio provvisorio può durare al massimo quattro mesi (la proroga può avvenire solo all’interno di questo intervallo di tempo).

Spesa pubblica «in dodicesimi»
Durante l’esercizio provvisorio la spesa pubblica è permessa «per dodicesimi»: in ogni mese, cioè, è utilizzabile un dodicesimo delle poste previste nei capitoli di progetto di bilancio. La limitazione vale sia in termini di competenza, sia in quelli di cassa (cioè di pagamenti effettivi). Sfuggono a questo vincolo le uscite obbligatorie, come quelle per gli stipendi al personale statale. È però possibile, nella legge di autorizzazione, stabilire vincoli ancora più stringenti alle spese.

Per venti anni da eccezione a regola
Dal 1948 al 1968 c’è sempre stato un esercizio provvisorio. Solo nel 1969 il Governo Rumor riuscì, per primo, a far approvare in tempo il bilancio riferito al 1970. Lo stesso fecero gli esecutivi in carica nel 1976 (Governo Moro) e 1977 (Governo Andreotti). Nel 1978 venne introdotta l’innovazione della Legge Finanziaria, ma l’esercizio provvisorio rimase ancora la regola fino al 1983, quando si riuscì a non far slittare il progetto di bilancio per l'anno successivo (Governo Craxi) . Da allora in poi sono stati gli esercizi provvisori a diventare eccezione: il meccanismo è stato usato due volte: nel 1986 ( Governo Craxi, per due mesi) e nel 1988 (Governo Goria, un trimestre).

Non per tutti è «lo stato d’assedio»
Eccezione o regola che sia, il giudizio sui rischi che comporta l’esercizio provvisorio non ha mai messo tutti d’accordo. Anche se, negli ultimi anni, con i vincoli europei e l’elevato debito pubblico la misura avrebbe un impatto maggiore sui mercati. Il senatore a vita Giulio Andreotti nel 2006, sotto il governo Prodi, disse: «L’esercizio provvisorio mica è lo stato d’assedio. Può essere vantaggioso perché si può risparmiare un po’». Lui che da primo ministro ne aveva firmati ben tre. Silvio Berlusconi, invece, nell’ottobre 2007 (sempre durante il governo Prodi), definì «bellissimo» l’esercizio provvisorio, «si risparmiano un sacco di soldi». Quando, solo tre anni prima, da presidente del Consiglio, di fronte ai ritardi del Parlamento si era battuto per evitarne l’applicazione.


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