Nelle dichiarazioni ottimiste del week end milanese al «contratto di governo» fra M5S e Lega mancavano «solo le virgole». Ma ieri è stato lo stesso segretario del Carroccio Matteo Salvini ad elencare al Quirinale i temi su cui i due partiti mostrano ancora «visioni divergenti»: e non sono argomenti da poco.
A campeggiare nell’elenco degli ostacoli all’accordo c’è lo snodo del rapporto con l’Europa, da cui dipendono sia la collocazione internazionale dell’Italia sia le prospettive del bilancio pubblico. E, all’atto pratico, gli spazi effettivi per mettere in campo le tante misure di spesa su cui l’accordo sembra invece ormai solido. Ma il contratto per ora inciampa anche sulle grandi opere, la gestione dei migranti, la giustizia e la sicurezza, a partire dalla legittima difesa: la discussione promette di continuare ancora per qualche giorno, prima del fine settimana quando il testo definitivo dovrebbe andare all’esame telematico dei militanti Cinque Stelle e a quello analogico sotto i gazebo della Lega.
Ma è prima di tutto l’atteggiamento verso la Ue a separare la linea “prudente” dell’ultimo M5S, che proprio su questo aspetto ha costruito il rapporto con il Quirinale, e quella di rottura confermata dalla Lega. Il nodo è sia politico sia economico. Le bozze del contratto confermano la collocazione internazionale del Paese chiedendo però allo stesso tempo di mettere fine alle sanzioni alla Russia. Ma sul punto Salvini continua a essere tranchant, spiegando che o si riesce «a dare vita a un Governo che ridiscute i vincoli esterni con l’Europa oppure è un libro dei sogni».
Tradotto in cifre, significa prima di tutto decidere quale livello di deficit mettere in calendario per i prossimi anni; e provare quindi a costruire il quadro dei finanziamenti per i tagli fiscali, il superamento della legge Fornero, l’avvio del reddito di cittadinanza e la riforma dei centri per l’impiego. Il tutto senza dimenticare i 12,4 miliardi sul 2019 e i 19,1 miliardi sul 2020 necessari per bloccare gli aumenti Iva, obiettivo su cui tutti i partiti (anche quelli che si preparano all’opposizione) sono d’accordo. Il punto d’incontro fra le ipotesi a Cinque Stelle, al momento fedeli alla linea di riduzione del deficit tracciata nell’ultimo Def, e quelle di una Lega che continua a spingere per salire vicini al 3% andrà trovato non solo nel «contratto», ma anche nella discussione parlamentare in vista delle risoluzioni al Documento di economia e finanza. Programmi di deficit e debito saranno al centro del confronto di oggi, insieme al capitolo su banche e risparmiatori slittato ieri per gli stop imposti dalle consultazioni al Quirinale.
Il tema europeo, però, non può essere giocato solo in chiave domestica, perché da definire è anche l’atteggiamento che l’Italia avrà nei vicini appuntamenti internazionali che preoccupano il Colle: la riforma della governance dell’area Euro e la discussione sul prossimo bilancio Ue.
Ma non c’è solo Bruxelles a dividere Lega e Cinque Stelle nel tentativo di mettere insieme due impostazioni politiche che nascono da storie diverse. Queste scintille si sono fatte evidenti ieri per esempio sul tema giustizia, dove la legge sulla legittima difesa domiciliare chiesta dal Carroccio continua a non piacere ai Cinque Stelle. Allo stesso tempo la proposta M5S di allungare i tempi della prescrizione (nel programma elettorale era previsto il blocco delle lancette dopo la condanna di primo grado) fatica a sposarsi con l’esigenza ricordata anche ieri da Matteo Salvini di tagliare i tempi dei processi.
Sull’incrocio fra giustizia e fisco è ancora la riforma dell’Irpef a due aliquote lo snodo per far andare d’accordo le idee garantiste della Lega con quelle più severe dei Cinque Stelle: sul presupposto dei tagli fiscali, infatti, anche il Carroccio si dice d’accordo all’idea delle “manette agli evasori”, da destinare a chi comunque decide di non rispettare nemmeno gli obblighi tributari alleggeriti. Lo slogan si dovrebbe tradurre in un abbassamento delle soglie di punibilità penale per chi evade.
La storia diversa dei due partiti si fa sentire anche al capitolo Infrastrutture; la Lega chiede di spingere per il completamento delle grandi opere, non solo al Nord dove tra Pedemontane lombarda e veneta e Terzo valico (Genova-Sempione) i progetti sono molti. Per non parlare della Tav Torino-Lione: la Lega è favorevole, M5S contro, al punto che proprio sull’opposizione al progetto è nato per esempio l’impegno politico di Laura Castelli, presente nella delegazione Cinque Stelle al tavolo del contratto.
A forte peso identitario, questa volta per la Lega, è anche la questione migranti. Il Carroccio non intende cedere sull’obiettivo di identificare e rimpatriare i migranti irregolari, ipotesi che crea qualche mal di pancia fra i Cinque Stelle finora rifugiatisi dietro la formula dello «stop al business dell’immigrazione»: formula che postula una stretta sugli sbarchi, ma non indica misure precise su chi in Italia è già arrivato.
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