A sentire Matteo Salvini, oggi è il giorno decisivo. Il leader della Lega si riferisce alla possibilità di colmare le distanze ancora esistenti sul programma di governo con il M5s. Ma il capitolo principale resta sempre la premiership, ieri momentaneamente accantonato dal fuoco di fila di repliche alle dichiarazioni provenienti da Bruxelles sul «rischio Italia» e dalle polemiche sulla bozza di contratto di governo svelata dall’Huffington Post e poi smentita a stretto giro da Cinque Stelle e Lega.
«Accordo o voto», continua a ripetere Salvini. Un aut aut simile a quello che per settimane lo stesso segretario del Carroccio ha fatto a Silvio Berlusconi, chiedendogli il famoso passo di lato per dar vita al governo giallo-verde.
Il destinatario dell'ultimatum adesso è invece Luigi Di Maio. Il capo politico del M5s è in difficoltà. Il fallimento del tentativo con la Lega ricadrebbe direttamente sulle sue spalle e rischierebbe di minare anche la sua leadership tra i pentastellati. Una fraglità che Salvini vuole sfruttare e che potrebbe risolversi in un presidente del Consiglio vicino al Carroccio.
Il nome più gettonato resta quello di Giancarlo Giorgetti, il capogruppo della Lega alla Camera, che da braccio destro di Salvini supervisiona fin dall'inizio il tavolo sul programma e gode di un consenso personale che renderebbe più difficile ai suoi storici alleati - Berlusconi ma anche Giorgia Meloni - una opposizione dura e pura.
Finora Di Maio si è sempre opposto, rivendicando per sé la poltrona di Palazzo Chigi o mostrando disponibilità a cederla solo a un “premier terzo autorevole”. Figura difficile da reperire anche perché l'autorevolezza non si sposa con il commissariamento, visto che sarebbe chiamato alla guida di un governo il cui programma è già stato stabilito da altri in un “contratto”.
Il rischio è che al primo ostacolo, al primo confronto muscolare, ad esempio sulla legge di Bilancio, l'intesa vada a ramengo. E giunti a quel punto, a pagarne il prezzo sarebbe anche lo stesso leader della Lega che non sottovaluta la riabilitazione ottenuta da Berlusconi e gli inviti a “ripensarci” della Meloni.
Di qui l'aut aut a Di Maio. La prospettiva del governo con il M5s resta in piedi ma a questo punto solo alle sue condizioni. E il premier fa parte del pacchetto.
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