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Tanto verde, poco giallo. Il contratto Lega-Cinque stelle sembra…

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FISCO E SICUREZZA

Tanto verde, poco giallo. Il contratto Lega-Cinque stelle sembra scritto da Salvini (per il nord)

(Ansa)
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Per essere un «lavoro di conciliazione», il contratto Lega-Cinque stelle si è sbilanciato in un verso solo. Quello di Salvini. Questioni di scambio politico, come è emerso dai retroscena sulle trattative di ieri? Non ci sono conferme, ma è un dato di fatto che la versione definitiva dell'accordo è dominata da temi cari alla Lega lepenista, sacrificando cavalli di battaglia della controparte grillina.
Da un lato si rinvigoriscono la flat tax, gli inasprimenti nella gestione dei migranti, la chiusura dei campi Rom e alcuni spunti decisamente sicuritari, come l'introduzione delle videocamere a scuola («per controllare il bullismo»).

Dall’altro scompaiono o si ridimensionano vecchi capisaldi del movimentismo dei Cinque stelle, come il contrasto alle «grandi opere inutili» (la Tav si farà) e il reddito di cittadinanza. La misura di sostegno alle fasce deboli resta in cantiere, ma con una durata temporale massima di due anni e senza stime di budget. Un accorgimento che fa venire in mente l’insofferenza per l’assistenzialismo della Lega, anche prima di Salvini, più che le ambizioni di welfare diffuso cavalcate in campagna elettorale da Di Maio.

Fisco leggero per le imprese (del Nord?)
Anche iniziando dalle misure più economiche, il marchio leghista si fa sentire. La flat tax resta al suo posto, con un nuovo formato unico per tutti i contribuenti: due scaglioni al 15% e al 20% per persone fisiche, partite Iva, famiglie e imprese (in origine destinatarie di una sola aliquota al 15%). Al capitolo sul lavoro si parla anche di ridurre il cuneo fiscale, argomento di facile presa per lo zoccolo elettorale di Pmi delle province del Settentrione, in primis Veneto e Lombardia. Ovviamente non si tratta di una misura “nordista” di per sé, ma non è un mistero che la semplificazione fiscale e gli aiuti alle aziende siano uno dei fattori che hanno favorito la Lega nelle regioni con la più alta densità di imprese, meglio se di dimensione piccola e micro. Basti pensare al Veneto, dove si concentra l’8,4% di tutte le aziende italiane e la Lega è volata fino a picchi di oltre i 40% dei consensi in alcune circoscrizioni.

Anche gli attacchi al Jobs Act, la riforma del lavoro gradita alle aziende di dimensione media, vanno visti nell’ottica della sua effettiva utilità per società di taglia minore. Il popolo di artigiani e piccoli imprenditori che guarda a Salvini non ha goduto in prima persona dei benefit elargiti dalla riforma, rivolti principalmente a società sopra i 15 dipendenti. E ha premiato alle urne chi ha garantito l’unica svolta di suo interesse, il taglio delle tasse.

Il pressing sulla sicurezza
Lo sbilanciamento “salviniano” del programma diventa ancora più chiaro quando si entra nel vivo di sicurezza e immigrazione, forse i due pilastri più pesanti per il consenso elettorale della nuova Lega. È vero che anche i Cinque stelle si erano spesi su una terminologia abbastanza aggressiva, con gli annunci di contrasto al «business dell’immigrazione». Ma nel loro programma non si arrivava alle conclusioni vergate nell’ultima versione del contratto.
Il contratto grillino-leghista conferma e rinforza il superamento del regolamento di Dublino (quello che sancisce il meccanismo di distribuzione dei migranti), inasprimenti sui reati commessi da richiedenti asilo («immediato allontanamento») e la valutazione delle domande di ammissibilità di protezione internazionale direttamente nei Paesi di partenza e di origine. «Ad oggi – si legge nel contratto - sarebbero circa 500mila gli immigrati irregolari presenti sul nostro territorio e, pertanto, una seria ed efficace politica dei rimpatri risulta indifferibile e prioritaria». Sul fronte caldo dei rapporti con l’Islam salta l’obbligo di prediche in italiano, ma è l’unica concessione evidente in materia di sicurezza (e di relazioni con cittadini stranieri e/o di confessioni diverse da quella cattolica). Ad esempio si prevede ora la chiusura progressiva di tutti i campi Rom, mentre gli sgravi fiscali per gli asili nido diventano un’esclusiva dei cittadini italiani: sono escluse, pare su richiesta della Lega, le famiglie «straniere residenti in Italia da almeno 5 anni» che erano comparse nelle bozze precedenti. Il giro di vite complessivo riguarda anche la scuola, intesa sia come luogo fisico che istituzione. Per il contrasto al bullismo si propone l'installazione di videocamere, mentre gli studenti che denunciano episodi saranno premiati «con borse di studio».

Cinque stelle “smorzati” su Tav e reddito di cittadinanza. E il Sud è assente
Il peso di Salvini si accentua con la debolezza della componente pentastellata. Rimangono intonse alcune battaglie, un po’ simboliche, come quella sull'acqua pubblica e la green economy (peraltro sposata anche dalla Lega e dal resto del centrodestra). Ma tra i punti alleggeriti rispetto alle prime bozze ci sono il tema della Tav e il reddito di cittadinanza. Per quanto riguarda la linea di Alta velocità che dovrebbe saldare Torino e Lione, si parla genericamente di «ridiscutere» il progetto, evitando gli annunci di «sospensione» paventati in precedenza. Il reddito di cittadinanza è ancora presente, ma senza un impegno economico preciso (salta la stima di 17 miliardi annui) e con un’erogazione circoscritta a un arco temporale limitato a due anni. C’è poi un’assenza clamorosa, quella del Sud. Lo sviluppo delle regioni che hanno fatto esplodere il movimento di Di Maio resta sullo sfondo, con un capitolo nel quale si decide di “non individuare specifiche misure”, “pur tenendo conto delle differenti esigenze territoriali”. Per ora le ambizioni del governo «giallo-verde» sono orientate su un’unica sfumatura, o meglio, un'unica coordinata. La destra.

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