L’incognita principale è sempre la stessa: il ministero dell’Economia. Matteo Salvini insiste per consegnare la guida di via XX settembre all’economista Paolo Savona, che ieri si è dimesso dal fondo Euklid per «impegni pubblici», ma le cui posizioni molto critiche verso la Ue sollevano non poche preoccupazioni. Anche e soprattutto al Quirinale, dove la casella dell’Economia è stata tra le questioni centrali affrontate nel colloquio tra il Capo dello Stato Sergio Mattarella e il premier incaricato Giuseppe Conte.
Un vero e proprio braccio di ferro che si è propagato per i Palazzi romani. Tant’è che per tutta la giornata hanno ripreso a salire con insistenza le quotazioni del capogruppo del Carroccio Giancarlo Giorgetti.
Un’ipotesi però seccamente smentita dalla Lega e dallo stesso Giorgetti, che ieri a tarda sera, lasciando la Camera, ha anticipato che «il ministro dell’Economia sarà Savona». Che questa sia davvero la soluzione definitiva non è però scontato. Anche perchè toccherà al premier incaricato confrontarsi con Mattarella sulla lista dei ministri. Il M5s apparentemente è sulla stessa linea di Salvini e in serata da entrambi gli entourage si fa sapere che su Savona c’è piena condivisione. Di Maio stamane ha ribadito: «Stiamo cercando i migliori profili per riuscire a portare questo Paese al cambiamento: tra i nomi c'è sicuramente il nome del professor Savona». In realtà i pentastellati non sembrano intenzionati a fare le barricate e filtra qualche nome alternativo, come quello dell’economista Luigi Zingales.
In ogni caso la casella dell’Economia è decisiva per la sistemazione delle altre tessere del puzzle di Governo. Giorgetti comunque ci sarà. Per lui sembra aprirsi la strada del ministero delle Infrastrutture anche se non è ancora escluso il suo approdo come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio assieme a un esponente pentastellato(il nome più gettonato è quello di Vincenzo Spadafora, fedelissimo di Di Maio). Al posto di Giorgetti in ogni caso a Palazzo Chigi ci sarà anche un leghista. In pole c’è il numero due della Lega Lorenzo Fontana.
Anche sul ministero degli Esteri (altro dicastero chiave) resta aperto il confronto visto che da 2 giorni sono in discesa di Giampiero Massolo. In alternativa, ci sarebbe l’ex montiano Enzo Moavero Milanesi e in ultima battuta lo stesso Di Maio, soprattutto se naufragasse l’ipotesi dell’accorpamento Sviluppo-Welfare per cui il leader M5s aveva già prenotato la poltrona. Alla Difesa in quota M5s è data quasi per certa Emanuela Trenta (in alternativa si parla dell’ambasciatore Pasquale Salzano) mentre resta confermato Alfonso Bonafede alla Giustizia e il generale Sergio Costa all’Ambiente.
Le infrastrutture andranno quasi sicuramente alla Lega (Giorgetti o Giuseppe Bonomi). Se invece tornerà nella disponibilità del M5s non sarà comunque la no-tav Laura Castelli (Pubblica amministrazione) ma Mauro Contorti, già eletto ministro dei Trasporti nella squadra presentata da Di Maio prima del voto.All’Istruzione, infine, se non approderà a Palazzo Chigi, potrebbe arrivare Spadafora. Al Turismo resta confermato il leghista e capogruppo al Senato Gian Marco Centinaio e all’Agricoltura (altro dicastero fondamentale per Salvini) è dato per certo il leghista Nicola Molteni. Sempre alla Lega i Rapporti con il Parlamento (Giulia Bongiorno) e ovviamente il Viminale per Matteo Salvini, che ieri ha avuto un faccia a faccia con Roberto maroni già ministro dell’Interno del governo Berlusconi proprio per avere alcuni «suggerimenti».
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