La tutela del risparmio e delle imprese, il risparmio degli italiani e i costi di investimento delle imprese, lo spettro di rialzo sui mutui, la tenuta finanziaria del Paese che - quella sì - mina la nostra sovranità nazionale. Sergio Mattarella sceglie di parlare direttamente ai cittadini per spiegare il senso della sua scelta mettendo sul tavolo la vera questione che è stata in gioco sul nome di Paolo Savona al ministero dell'Economia: l'adesione all'euro. Era questa la minaccia che portava con sé il nome del professore che Salvini aveva imposto al Mef con un aut aut chiaro: o lui o si va alle urne. E su questo diktat Mattarella ha messo prima gli interessi nazionali del Paese e il ruolo di garanzia che svolge il presidente della Repubblica che non è ma stato violato e che lui decide non venga violato nemmeno questa volta.
L'allarme spread
Spiega dunque di aver agevolato in ogni modo la nascita di un Governo politico, di aver lasciato tutto il tempo richiesto alla Lega e ai 5 Stelle, di aver aspettato la scrittura del programma e poi anche il via libera delle rispettive basi elettorali. Infine di aver avallato anche il nome di un premier incaricato “non eletto”, nonostante le sue perplessità. Ma subito dopo dice quello che la Costituzione gli affida: un potere di firma sui ministri che è il momento in cui il capo dello Stato si assume la responsabilità sulla figura dei ministri. Bene, questa responsabilità Mattarella non l'ha potuta assumere perché, spiega, il nome del ministro dell'Economia è il messaggio più immediato che i mercati, gli operatori finanziari ricevono. E la persona indicata dai partiti ha messo in allarme la comunità finanziaria che ha investito in titoli di Stato italiani. L'impennata dello spread ha spiegato, aumenta il debito e riduce la possibilità di spesa per misure sociali. La perdita in Borsa vuol dire bruciare risorse per aziende e risparmiatori. E questo è accaduto quando è uscito il nome del professor Savona. Inoltre spiega anche di aver proposto ai due partiti il nome di un autorevole esponente politico - Giancarlo Giorgetti della Lega (ndr) - per quello stesso ruolo ma di aver avuto un no da loro.
Le prossime urne sull'euro
Conclude infine mettendo sul piatto la vera posta in gioco. Perché dice di non aver fatto a cuor leggero la scelta di non aver fatto nascere il Governo. Ma prima viene la Costituzione e la difesa della comunità nazionale. E soprattutto l'adesione all'euro è una scelta fondamentale e cruciale per la prospettiva del Paese e dei giovani di cui - insiste - si deve discutere apertamente. E, dice, che questo non è stato fatto alle elezioni del 4 marzo dove non c'era in gioco il sì o il no alla moneta unica. Lo si farà quindi con le prossime elezioni, quando le due opposte prospettive sull'euro saranno chiare e verranno spiegate in tutte le loro conseguenze agli italiani.
Lunedì la sua iniziativa
A questo punto rinvia a lunedì la decisione di un Governo del “presidente” (con l’incarico a Carlo Cottarelli, ndr) che porterà l'Italia a un nuovo voto. Sarà una sua iniziativa di cui si assumerà la responsabilità. Ma solo dopo pochi minuti che ha finito di parlare agli italiani, i partiti alzano il tiro e invocano l'impeachment a Mattarella.
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