Se si trattava di far nascere la terza repubblica non si poteva fare peggio. Aprire un conflitto costituzionale fra una maggioranza politica e il Presidente della Repubblica è una scelta dissennata: comunque si fosse conclusa avrebbe condannato il nostro Paese ad essere giudicato come sull'orlo del baratro di un futuro quantomeno nebuloso.
Occorre nel difficilissimo scenario che si è aperto che si ritorni ad un severo esercizio di responsabilità: non ci possiamo permettere mesi di incertezza e di scontri sul piano interno e su quello europeo. Nell'inevitabile prospettiva elettorale (che si realizzi ad ottobre o nel nuovo anno poco cambia) non si può muoversi a prescindere dal considerare l'interesse del paese a non perdere le opportunità che stava iniziando ad afferrare, perché da quelle dipende il “ben-essere” (nel senso forte del termine) di tutto il sistema, il che significa della popolazione nel suo complesso.
Ciò che è divenuto palese nell'ultimo scontro è che bisogna stare attenti a giocare con le parole, perché, diciamolo chiaro, se nella propaganda elettorale di Lega e Cinque Stelle non ci fosse stato un continuo e virulento attacco alla nostra partecipazione all'Unione Europea (fino a ventilare più volte impossibili referendum sull'euro) la designazione del prof. Savona al ministero dell'economia non avrebbe assunto quel significato dirompente.
Il presidente Mattarella ha provato, con pazienza certosina, di normalizzare questo passaggio, favorendo la formazione di una coalizione politica di segno nuovo. È accaduto che il più debole dei due autoproclamati vincitori, Matteo Salvini, abbia ritenuto di puntellare la sua posizione imponendo un proprio marchio di fabbrica sul nuovo governo. Ha così scatenato la rincorsa all'emulazione da parte del suo più forte alleato e si è finiti nella spirale degli show a favore delle falangi dei rispettivi pasdaran.
Questo ha comportato una rottura di tutte le prassi di gestione dei delicati passaggi per la designazione del nuovo governo, mettendo in difficoltà la posizione e le funzioni del presidente della repubblica. Le incontinenze verbali dei protagonisti non hanno certo contribuito a rasserenare il clima.
A questo punto è scattato l'allarme sui mercati e fra i nostri partner europei. La posizione del prof. Savona è divenuta l'icona su cui scaricare problematiche che, a ben vedere, investivano l'operazione del governo grilloleghista nel suo complesso. Mattarella si è trovato stretto nella scomodissima posizione di chi da un lato doveva assumersi l'onere di evitare che il paese finisse nella spirale di una ritorsione economica contro il nuovo esperimento e dall'altro provare a trasmettere al paese il messaggio che le scelte politiche dell'elettorato potevano trovare spazio di sperimentazione.
Non gli è stato consentito per calcoli populistici da parte di forze politiche che pensano che il vento antieuropeista e anti-establishment gonfierà a dismisura le loro vele. Di conseguenza Mattarella ha dovuto assumersi un onere imprevisto e poco nelle sue corde: scendere sul terreno politico per spiegare direttamente al paese che nella sua posizione non poteva assumersi il rischio di avvalorare avventure.
Non è una questione che si chiuderà oggi, perché inevitabilmente da tutte le parti si chiama in causa il confronto finale prossimo. Il presidente Mattarella cerca ancora di tenere la situazione sotto controllo provando a varare un governo di responsabilità. Ma sarà una partita molto difficile.
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