«Il FinTech, e l’innovazione tecnologica in senso lato, sono un’opportunità, un volano per il mercato finanziario». Lo ha sottolineato Paolo Ciocca, commissario Consob, che ha coordinato un seminario sulla Financial technology durante il Consob Day a Piazza Affari. L’incontro, dove erano presenti imprenditori, startup del settore, accademici e rappresentanti del mondo del credito, ha visto la partecipazione di un’ospite d’eccezione: il fisico e matematico Mario Rasetti.
Lo scienziato, tra le altre cose presidente della fondazione Isi (Istituto per l’Interscambio Scientifico), ha sottolineato come, a causa delle nuove tecnologie, siamo di fronte ad un cambio epocale. «Il tempo di raddoppio, cioè il periodo entro cui l’uomo produce la stessa quantità di dati realizzati» dagli albori della civiltà ad oggi, «nel 2017 era un anno». Nel giro di 5-7 anni questo indicatore «scenderà a circa 12 ore. Vale a dire: metà giornata». Si tratta, evidentemente, di una situazione stupefacente. Un contesto in accelerazione che, da un lato, porta con sé trasformazioni sociali enormi; e, dall’altro, implica sempre di più la presenza e pervasività dei sistemi d’intelligenza artificiale. Il motivo? Perché questi sono in grado di decifrare e “leggere” meglio le strutture che, in un mondo travolto dai big data, saranno via via destinate a recitare la parte del leone: i cosiddetti sistemi complessi. Strutture cioè dove, ad esempio, il ragionamento lineare di inferenza causale, che noi tutti conosciamo ed usiamo, non funziona.
Non è questo il luogo dove approfondire il mondo dei sistemi complessi. Tuttavia è intuitivo che in un simile habitat la tecnologia diventa un elemento essenziale. Anzi: dominante. Anche sul fronte dei mercati finanziari. Si tratta di una sfida che, da una parte, non è di oggi; ma dall’altra, proprio per quanto indicato sopra, diventa essenziale. In particolare, per gli organi di vigilanza.
In tal senso, tra i vari obiettivi, la volontà del “watchdog” italiano è di avviare un laboratorio nel cosiddetto RegTech, cioè l’applicazione della tecnologia alla regolamentazione. «L’obiettivo, tra gli altri - riprende Ciocca -, è implementare l’automazione nei flussi informativi tra Consob e i soggetti vigilati». Un approccio che, da un lato, consente di valutare la stessa capacità del regolatore sul fronte dell’innovazione; e, dall’altro, «permetterà di creare un circolo virtuoso con la ricerca di settore, gli operatori finanziari e gli altri soggetti interessati». Consob, insomma, vuole essere un enzima catalizzatore. Promotore, in qualità di ente pubblico, «di un più ampio coinvolgimento che possa poi concretizzarsi in una chiamata degli Stati Generali del FinTech». Probabilmente in avvio del 2019. Si tratta, a ben vedere, di un progetto che deve coinvolgere «molti soggetti», a partire dalle istituzioni pubbliche, come la stessa Consob, ma anche la città di Milano e le Università.
Al di là dei programmi e degli impegni dei vari regolatori, va detto che il tema della complessità dei mercati da tempo è analizzato e studiato. Un contesto dove le problematiche non mancano. Un esempio? Lo fornisce, senza scomodare le più recenti evoluzioni hi-tech, la pervasività dei sistemi automatici di trading. Alla base delle loro strategie d’investimento, da molto tempo ormai, c’è spesso la seguente struttura logica: «Se qualcosa accade….., allora compra (o vendi)». Un meccanismo che non di rado considera le azioni (e tutti gli altri asset finanziari) alla stregua di semplici numeri. Vale a dire: il trader automatico dapprima analizza, ad esempio, l’andamento del prezzo del titolo in un arco di tempo (10 anni). Poi, dopo avere individuato dei valori significativi, li confronta con molte altre variabili (sempre ricondotte a numeri). Ricerca correlazioni, le più sofisticate. Al che inserisce i prezzi definiti nella struttura logica indicata sopra. «Se il titolo supera 10 euro…, allora compra». Infine, dopo un periodo di test, avvia l’investimento. La descrizione effettuata, ovviamente, è una semplificazione molto spinta. E, tuttavia, rende l’idea di un approccio all’investimento che allontana sempre di più il valore dell’asset dalla realtà. Un’azione infatti rappresenta un’azienda con i suoi uomini, la sua attività, i suoi prodotti, l’indotto e via dicendo. L’analisi fondamentale, pure con molti limiti, tenta proprio (ad esempio, attraverso l’analisi dei bilanci) di mantenere questo collegamento. Nel momento in cui ciò viene messo da parte il valore segnaletico dei prezzi rischia di perdere parte del suo significato.
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