L’arretramento del M5S è vistoso e diffuso. Non c’è soltanto il Nord, dove era dato per scontato l'avanzamento del centrodestra a trazione leghista. È al Sud, dove alle politiche del 4 marzo il Movimento aveva toccato percentuali record sopra il 50%, che i Cinque Stelle soffrono.
Pagando doppio dazio: alla tradizionale debolezza sul territorio, confermata dalle precedenti tornate amministrative, ma soprattutto all'abbraccio di governo con la Lega. Che ha allontanato l'elettorato moderato e di sinistra.
Nel quartier generale pentastellato, da stanotte, si respira un'aria pesante. La violazione del silenzio elettorale ieri da parte di Luigi Di Maio, ospite in Tv da Lucia Annunziata, era sembrata ai più una forzatura per guadagnare qualche consenso in corner. Così come la gaffe di sabato di promettere ai sindaci M5S che «il governo sarà dalla loro parte». Estremi tentativi di evitare il peggio.
Con lo spoglio si sono materializzati gli incubi della vigilia. Il centrodestra ha conquistato le città venete del Pd e l'ormai ex roccaforte rossa di Terni, arrivando al ballottaggio con i dem a Siena (dove il Movimento aveva rinunciato a correre), a Massa e a Pisa. È chiaro che il M5S sarà determinante al doppio turno, ma soltanto per favorire "l'alleato".
Per il resto, rimane a mani vuote in Piemonte, dove i pentastellati non vanno al ballottaggio neppure a Ivrea, città "simbolo" per il cofondatore Gianroberto Casaleggio e cara a suo figlio Davide. A Brescia si fermano sotto il 6%. Ad Ancona si piazzano solo al terzo posto dopo Pd e centrodestra. Idem a Teramo, a Fiumicino e a Roma nei due municipi al voto, Montesacro a Garbatella. Pesa il doppio effetto Raggi-governo, che fa rimontare il centrosinistra.
Nel Mezzogiorno il M5S soffre la concorrenza del centrodestra, perdendo le sfide di Catania, di Messina, di Brindisi, di Barletta, di Siracusa. Arriva al ballottaggio ad Avellino, ma a distanza di 20 punti dal candidato di centrosinistra. A Ragusa è primo, ma incalzato dal centrodestra con cui si profila la gara al doppio turno. Se non è una debacle, poco ci manca.
I vertici proveranno a giustificare i risultati trincerandosi dietro lo scudo della differenza tra voto nazionale e voto locale e della prevalenza del voto di scambio su quello di opinione. Ma qui, come più di un parlamentare meridionale lamenta a taccuini chiusi, la questione è un'altra: gli elettori di sinistra hanno abbandonato la nave M5S guidata da Di Maio. Quelli di destra hanno preferito l'originale, ormai rappresentato dalla Lega. Che in chiave governativa farà pesare il risultato, visto che è ancora apertissima la trattativa sui posti di sottogoverno.
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