Lo strappo diplomatico tra Italia e Francia sulla vicenda della nave Aquarius? Dalla Libia alla Nato, per arrivare al rapporto con la Germania in Europa, non è la prima volta che Roma e Parigi si trovano su posizioni divergenti, se non contrapposte. Posizioni divergenti e contrapposte a loro volta specchio di interessi contrapposti.
La Libia è il primo tavolo sul quale da tempo le due parti si muovono in maniera autonoma, molto poco coordinata. Nel 2011 l’allora inquilino dell’Eliseo, Nicolas Sarkozy, spalleggiato da Gran Bretagna e Stati Uniti decide di rovesciare il dittatore Muammar Gheddafi. Anche se sul piano militare sono gli americani a guidare le operazioni nel quadro della Nato, è Parigi che spinge sull’acceleratore. Il fatto non irrilevante è che il colonnello è l’interlocutore dell’Italia, non solo per la Libia ma sull’intero Mediterraneo. Appena sei mesi prima, è stato ricevuto a Roma da Silvio Berlusconi, allora capo del governo. Alla base della spallata francese, interessi economici: nel sottosuolo libico è conservato il 3% delle riserve mondiali di petrolio. Nel paese africano hanno interessi Endesa, Gdf-Suez, Sonatrach, Eni, Repsol e Total. Risultato della caduta di Gheddafi: la destabilizzazione del paese, storicamente - si pensi al passato coloniale - area di influenza di Roma. Altra conseguenza: l’aumento dei flussi di migranti che partendo dalle coste libiche vogliono raggiungere l’Europa, attraverso l’Italia.
Instabilità e caos che caratterizzano il paese ancora oggi. E ancora oggi Francia e Italia sono su posizioni diverse. Per la stabilizzazione della Libia Parigi punta sul generale anti-islamista Khalifa Haftar, signore della Cirenaica, che a capo dell’Esercito nazionale libico controlla l'Est del paese. Haftar è sponsorizzato anche da Egitto ed Emirati Arabi Uniti. Per l’Italia invece l’interlocutore è il primo ministro libico Faiez Serraj, capo del Consiglio presidenziale, dal dicembre del 2015, ovvero dagli accordi di Skhirat, riconosciuto dalla comunità internazionale, e in particolare dalle Nazioni Unite, interlocutore. Parigi vuole tornare a influenzare il Fezzan, un’area strategica e di collegamento con gli interessi francesi in Algeria, Tunisia e nel Sahel.
Negli ultimi mesi il presidente francese Macron ha cercato in almeno due occasioni di assumere l’iniziativa nel processo di stabilizzazione della Libia, in entrambi i casi scavalcando l’Italia. La prima, a luglio dell’anno scorso, invitando i due rivali, Sarraj e Haftar, a un vertice nel castello di La Celle-Saint-Clou, alle porte di Parigi. All’incontro ha partecipato anche l’inviato speciale dell’Onu per la Libia, Ghassan Salamé (con connesso riconoscimento internazionale di Haftar). La seconda, più recente, il mese scorso: Macron ha organizzato ancora una volta una conferenza a Parigi, senza prima consultarsi con gli altri partner europei. Hanno partecipato, oltre a Sarraj e Haftar, il presidente della Camera dei rappresentanti Aguila Salah Issa e quello del Consiglio di Stato, Khaled al-Mishri. E, naturalmente, Salamè. In quell’occasione si è deciso che entro il 16 settembre andrà approvata una legge elettorale per andare al voto entro il 10 dicembre (Haftar al momento è favorito). A Roma erano giorni di trattative per la formazione del nuovo governo, trattative che avrebbero successivamente condotto all’accordo tra M5s e Lega. A quella conferenza ha partecipato, in rappresentanza del paese, un diplomatico, l’ambasciatore italiano a Parigi Teresa Castaldo. C’è il rischio che il comportamento di Macron aumenti le distanze tra Tripolitania e Cirenaica, tra le milizie che controllano l’Ovest e Haftar, con conseguente aumento della pressione migratoria.
Sempre restando in Africa, le distanze tra Italia e Francia sono emerse anche in occasione della missione in Niger: in un primo momento Parigi, già presente nel Sahel con l’Operazione Barkhane, ha spinto per una presenza militare italiana nel paese, presenza che ha ottenuto il via libera del parlamento italiano a gennaio. Successivamente il governo nigerino ha negato di aver dato il via libera al dispiegamento di militari italiani sul territorio, pur nel contesto di una missione di addestramento. Risultato: una situazione di stallo, con una quarantina di militari italiani che sono ospiti della base Usa di Niamey.
Posizioni divergenti tra Italia e Francia sulla Libia anche sull’interpretazione dell’impegno nella Nato. Entrambi i paesi fanno parte dell’Alleanza Atlantica, ma mentre Parigi ha sempre cercato di mantenere una certa autonomia nella gestione e nell’impiego dei suoi soldati, Roma ha avuto una strategia diversa, quella di tutelare i propri interessi nazionali attraverso questo strumento e, in particolare, sulla base di un dialogo costante e privilegiato con gli Usa. Nel 2003, in occasione delll’intervento in Iraq, gli italiani hanno deciso di far parte della coalizione a guida statunitense, i francesi hanno deciso di non partecipare.
Infine, il dialogo speciale tra Francia e Germania nello sviluppo del progetto dell’Unione Europea. Un colosso nel cuore dell’Europa. Con Parigi a considerare Roma uno strumento per riequilibare il rapporto della coppia franco-tedesca, quando questo pendeva troppo dalla parte di Berlino. Sotto il governo Gentiloni è stata lanciata l’iniziativa di un trattato del Quirinale tra Italia e Francia, che dovrebbe essere sottoscritto entro quest’anno in occasione del prossimo vertice bilaterale. Secondo la lettera di incarico del gruppo dei sei saggi che dovrebbero produrre un testo, sulla falsariga del trattato dell’Eliseo tra Francia e Germania del 1963, il trattato «dovrà dare un forte impulso alle relazioni tra i nostri Paesi strutturandole e dando loro dei nuovi obiettivi, arricchiti di una duplice dimensione bilaterale ed europea». L’assenza tra gli ambiti di collaborazione previsti di Mediterraneo e Africa non è una novità.
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