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L’Italia apre un altro fronte internazionale: no al Ceta, il…

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IL MINISTRO CENTINAIO: NON RATIFICHEREMO IL CETA

L’Italia apre un altro fronte internazionale: no al Ceta, il Trattato di libero scambio con il Canada

Mentre dal G-7 arriva l’indicazione della necessità di una riforma del Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio che regola gli scambi attraverso accordi multilaterali, il nuovo governo italiano si spinge oltre chiedendo il blocco degli accordi bilaterali che stanno progressivamente sostituendo il multilateralismo.

Il ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio ha annunciato oggi l’intenzione del governo di chiedere al Parlamento di non ratificare il trattato commerciale tra Ue e Canada e «gli altri simili al Ceta, del resto è tutto previsto nel contratto di governo». In Parlamento c'è un'ampia maggioranza trasversale contraria al Trattato, così come in Europa, ha sottolineato Centinaio: «Non si tratta solo di una posizione dei sovranisti della Lega ma i dubbi su questo accordo sono comuni a tanti miei colleghi europei». In particolare il ministro ha giustificato la volontà di non ratificare il trattato con il Canada «perché – ha detto - tutela solo una piccola parte dei nostri prodotti Dop e Igp».

Il Ceta è entrato in vigore in via provvisoria il 21 settembre scorso in attesa di essere ratificato da tutti i Parlamenti degli Stati membri Ue ma al momento si sono espressi solo 11 Paesi su 28 (Danimarca, Lettonia, Estonia, Lituania, Malta, Spagna, Portogallo, Croazia, Repubblica Ceca, Austria e Finlandia).

Per il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, «la decisione di non ratificare il trattato di libero scambio con il Canada (Ceta) è una scelta giusta di fronte ad un accordo sbagliato e pericoloso per l'Italia». Secondo la Coldiretti «per l'Italia l'opposizione è giustificata dal fatto che con il Ceta per la prima volta nella storia l'Unione europea legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall'Asiago alla Fontina, dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele, ma sarà anche liberamente prodotto e commercializzato dal Canada il Parmigiano Reggiano con la traduzione di Parmesan».

Ferma restando la legittimità della possibile opposizione italiana e dei dubbi anche sul ruolo dell’agricoltura nelle attuali regole commerciali, resta solo una perplessità. Secondo i dati della Fondazione Qualivita, 5 grandi Dop italiane (Parmigiano reggiano, Aceto Balsamico di Modena, Pomodoro San Marzano, Pecorino Romano e Mozzarella di bufala campana) realizzano oltre il 95% dell'export di prodotti di qualità made in Italy in Canada e la stragrande maggioranza delle Dop e Igp medio piccole ha un mercato solo nazionale: viene da chiedersi se l'opposizione ai trattati internazionali sia davvero una misura di tutela del made in Italy e non si riveli invece controproducente, mettendo sul “banco degli imputati” quelle che possono essere nuove opportunità per il food italiano.

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