È stato firmato tra Miur e sindacati l’accordo che prevede che il personale docente venga assegnato alla scuola dall’Ufficio scolastico territoriale attraverso i titoli e il punteggio della mobilità. Dunque si prevede il passaggio dei docenti dall’ambito territoriale alla scuola “disapplicando” la chiamata diretta prevista dalla Buona Scuola. «L’eliminazione della chiamata diretta dei docenti era un preciso impegno di governo», afferma il ministro dell’Istruzione, Marco Busssetti, sottolineando che l’accordo sindacale siglato oggi prelude all’intervento legislativo di definitiva abrogazione dell’istituto che proporrà quanto prima. Una posizione già espressa nell’intervista pubblicata sul Sole 24 Ore di lunedì 25 giugno, che proponiamo qui di seguito.
L’alternanza scuola-lavoro resta. Perché fa bene al Paese e purché si evitino gli abusi. La chiamata diretta dei presidi no. «Va superata», dice al Sole 24 Ore, Marco Bussetti. Lombardo, 56 anni, con un passato remoto da docente di educazione fisica e uno prossimo da dirigente scolastico, il neoministro dell’Istruzione non smonterà la Buona Scuola. Ed è già una prima notizia visti gli affondi di Lega e M5S contro la riforma. «Vogliamo capire, approfondire, non calare dall’alto - dice il responsabile del Miur - Sono un uomo di scuola, sono un dirigente dello Stato e ho diretto un ufficio territoriale dai grandi numeri come quello di Milano. So cosa vuole dire “subire” le riforme, le continue sterzate. Dobbiamo agire nei confronti della scuola con responsabilità e pragmatismo». Come? Mettendo al centro gli studenti.
State preparando l’avvio del nuovo anno scolastico. In classe nonostante le stabilizzazioni ci saranno ancora 90mila supplenti. E i posti in genere scoperti lo saranno ancora. La risposta saranno i concorsi regionali?
Dobbiamo agire su due fronti. C’è bisogno di una “operazione trasparenza” sui numeri. Dobbiamo analizzare con chiarezza in quali discipline e in quali territori ci sono dei vuoti, dei posti scoperti, e capire come si sono creati storicamente. L’analisi è fondamentale per definire al meglio la nostra azione e orientare, anche per i prossimi anni, chi vuole insegnare. Poi dobbiamo fare in modo che questi vuoti siano riempiti attraverso selezioni certe. Dobbiamo avere concorsi regolari. Anche qui: serve un sistema che funzioni. Le regole non possono cambiare di continuo. E servono disposizioni precise per chi partecipa. Anche con riferimento alla permanenza territoriale. Non dobbiamo svuotare territori, penso al Sud, portando gli insegnanti altrove. Ma bisogna anche sapere che se si partecipa a un concorso in un’altra regione, per avere maggiori occasioni di lavoro, non si può poi pretendere un repentino ritorno a casa lasciando la scuola senza insegnanti. Ripeto: servono regole chiare.
C’è poi il nodo del tetto di 36 mesi per assegnare supplenze. Non rinnoverete i contratti o cambierete di nuovo la norma?
Nessuna tagliola a brevissimo termine. Abbiamo tempo fino a settembre 2019 per decidere se e come intervenire. Come è noto, l’Italia ha dovuto recepire un limite temporale ai contratti a termine imposto dal diritto europeo. I miei uffici sono al già al lavoro per risolvere la questione, nel rispetto del diritto comunitario, scongiurando soluzioni di continuità nello svolgimento delle attività didattiche.
Passiamo ai diplomati magistrali. Premesso che il Consiglio di Stato poteva creare meno problemi, chi scontenterete tra le maestre e i laureati in scienze della formazione?
C’è una sentenza. Le sentenze non si commentano, si applicano. Ma siamo già al lavoro. La nostra soluzione contempera gli interessi delle parti coinvolte ed evita impatti negativi sulla qualità del sistema di istruzione.
Che fine farà il merito? I 200 milioni originari si sono quasi dimezzati. Eliminerete il bonus come chiedono i sindacati?
I sistemi di incentivazione devono esserci. Ne sono convinto. Ma penso che sia opportuno per i docenti conoscere all’inizio dell’anno quali saranno i criteri di valutazione.
Da dirigente scolastico come giudica la chiamata diretta? Per via contrattuale negli anni è stata pesantemente limitata. La cancellerete?
È nostra intenzione superarla. Ce ne stiamo già occupando concretamente.
La valutazione di scuole e alunni vive, da tempo, di incertezza. Che fine faranno le prove Invalsi?
Studieremo lo stato dell’arte a oggi e interverremo per migliorare le prove Invalsi, laddove necessario. Intanto a luglio vedremo i risultati di quelle di quest’anno che prevedevano diverse novità.
Nel contratto di governo si parla di revisione dell’alternanza. In che senso?
L’alternanza ha sicuramente dei lati positivi, come anche altri da rivedere. Dobbiamo considerare che per i ragazzi è un importante primo contatto con il mondo del lavoro, hanno la possibilità di conoscere da dentro le imprese e le realtà professionali nelle quali, domani, si potranno collocare. È una forma di orientamento che fa bene ai giovani e al Paese. Di certo, dei correttivi vanno fatti. L’obbligatorietà, in alcune occasioni, ha fatto venire meno la qualità. Vogliamo che sia un’opportunità per le scuole, e non percepita come un dovere. Forse lo stesso nome, alternanza, non rende chiari gli obiettivi di questi percorsi che servono per orientare e avvicinare al lavoro. Di sicuro vanno riviste le Linee guida che non hanno saputo offrire un quadro certo di regole agli istituti generando dubbi e qualche criticità.
Gli Its hanno numeri di nicchia, ma un boom di occupati. Confindustria ha proposto una legge quadro per il rilancio. La appoggerà?
Gli Its possono essere un tassello davvero importante del nostro sistema di istruzione e formazione. Il loro avvio è stato positivo, adesso vanno rafforzati definitivamente. Su questo aspetto possiamo e dobbiamo collaborare efficacemente con tutti coloro che appoggiano queste realtà, compresa la Confindustria. Ci sono molti modelli virtuosi nel nostro Paese che hanno portato già a ottimi risultati.
Dal prossimo anno partono anche le lauree professionalizzanti. Ci sarà la “passerella” con gli Its?
La sinergia tra diverse parti del sistema è necessaria: è così che possiamo evitare che anche un solo ragazzo si allontani dagli studi perché non trova percorsi utili o efficaci per sé. Un’offerta ampia, con sbocchi reali nel mondo del lavoro, è la strada migliore per favorire la crescita del Paese.
Il governo precedente voleva rivedere il numero chiuso, almeno per medicina. E voi?
Il tema dell’accesso al mondo universitario deve essere affrontato con serietà e deve tornare ad avere un peso nell’agenda dell’Italia. Non possiamo permetterci che studentesse e studenti rimangano fuori dai percorsi formativi. Ci impegneremo a trovare soluzioni adeguate e lavoreremo sull’orientamento, decisivo per sostenere i ragazzi nelle loro scelte.
Andrete avanti sulla distribuzione dei fondi alle università sulla base dei costi standard?
Il costo standard è il criterio virtuoso per razionalizzare il riparto del Fondo per il finanziamento ordinario delle università, che permette di superare il vecchio criterio della spesa storica. La sua applicazione dovrà ovviamente essere accompagnata da parametri perequativi, per evitare che atenei collocati in zone disagiate o difficilmente raggiungibili subiscano una drastica riduzione del finanziamento. I miei uffici sono al lavoro affinché il relativo decreto ministeriale venga adottato prima della pausa estiva.
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