Italia

I due giorni del giudizio per Merkel e la Ue

  • Abbonati
  • Accedi
un difficile consiglio europeo

I due giorni del giudizio per Merkel e la Ue

(Ap)
(Ap)

Qui si fa l’Europa o si muore: può sembrare esagerato, a poche ore dal vertice Ue che si riunisce oggi a Bruxelles, scomodare la storia dell’unità d’Italia insieme alla celebre frase di Giuseppe Garibaldi. Non lo è. Se non troverà un accordo europeo sulla gestione di rifugiati e migranti economici, questo vertice rischia infatti di scatenare un disastroso effetto domino che alla fine potrebbe travolgere l’intera costruzione europea. E l’Italia potrebbe essere la prima a pagarne caro il prezzo. Catastrofismo?

Quando nell’estate del 2015, con un gesto unilaterale decise di aprire senza limiti le porte della Germania ai profughi siriani in fuga dalla guerra, mai Angela Merkel avrebbe immaginato di bruciarsi la carriera, di stravolgere gli equilibri politici del paese rischiando di spaccare l’alleanza Cdu-Csu e favorendo l’ascesa dell’estrema destra per la prima volta nel dopoguerra, di mettere a rischio il futuro dell’Unione europea.

Forse nemmeno l’Assemblea nazionale francese, quando nel 1954 affossò l’Europa della difesa (Ced), si immaginava però di cambiare in peggio il corso della vita continentale.

Nei suoi 13 anni alla cancelleria Merkel è diventata un asset europeo: non tanto perché alla guida del paese più grande e forte dell’Unione a 28 ma perché unico leader con capacità e mezzi per mediare tra i suoi molteplici interessi conflittuali. Un’Europa senza Merkel sarebbe il principio di un’altra Europa o la sua fine. Oggi il cancelliere è l’unico a perseguire una dottrina coerente che promuove l’integrità dell’euro, del mercato unico, di Schengen e della stessa Unione nell’assetto a 27 post-Brexit. Che difende un modello unitario, sia pure in declinazioni diverse, respingendo l’Europa selettiva e flessibile, a più velocità, di marca francese. Ai suoi esordi, poco più di un anno fa, Emmanuel Macron sembrava un grande statista, giovane e dinamico. Però finora non è riuscito a raccogliere consensi sul suo messaggio euro-riformista: isolato, vive della luce riflessa di Angela e non della propria, non potrebbe prenderne il posto in un’Unione divisa. Negli altri paesi, da Nord a Est, non si vedono leader o leadership nascenti ma voglia di risse e steccati nazionali. Senza merkelismo la Germania difficilmente potrebbe evitare di farsi più nazionalista, introversa ed euroscettica.

Questa la grande posta politica della partita migratoria: riuscirà il vertice di Bruxelles a salvare il soldato Merkel regalandole l’accordo necessario a tenere in piedi il suo Governo, l’alleanza Cdu-Csu e la stessa tenuta dell’Europa oppure la sacrificherà senza rimpianti in nome della crescente disaffezione al progetto europeo e ai ristretti di manovra di Governi prevalentemente deboli?

Questa volta l’Italia di Giuseppe Conte si presenta con un atteggiamento duro al tavolo negoziale: vuole un accordo europeo (e con Berlino) ma minaccia di porre il veto qualora le sue buone ragioni siano ignorate. In breve, è disposta ad andare incontro alle richieste tedesche (francesi e austriache) sul freno ai cosiddetti movimenti secondari dei rifugiati già registrati in un paese Ue, Italia in prevalenza, ma in cambio pretende il riconoscimento della responsabilità condivisa sui salvataggi in mare: chi arriva in Italia di fatto sbarca in Europa, quindi i migranti che non avranno diritto a restare andranno rimpatriati con i fondi Ue ma quelli che hanno diritto di restare andranno distribuiti almeno tra gli altri paesi rivieraschi del Mediterraneo.

La posizione italiana è tutt’altro che irragionevole: lo riconoscono in molti a parole. Ma la convenzione di Dublino che scarica tutti gli oneri sul paese di prima accoglienza fa troppo comodo a troppi paesi, Francia in testa, che vorrebbe fare dell’Italia il più grande centro europeo di detenzione dei migranti, naturalmente foraggiato con aiuti Ue in denaro e personale di smistamento.

Tutti contro tutti: paesi dell’Est e scandinavi allergici alla solidarietà per motivi diversi, Austria, prossimo presidente Ue, campione della politica delle chiusure, Macron in guerra con l’Italia per battere il lepenismo in casa propria, l’Italia esasperata dall’indifferenza altrui, Merkel costretta a trovare una soluzione forse impossibile.

Ma i rischi del disaccordo sono enormi: chiusura delle frontiere tedesche e a cascata austriache, Italia di fatto esclusa da Schengen, complici le Alpi. Se salta Schengen, il mercato unico non tiene e la vita dell’euro diventerebbe più precaria. Prospettiva, il baratro europeo. Davvero è nell’interesse collettivo di far saltare il banco sui migranti?

© Riproduzione riservata