È morto a Roma all’età di 67 anni il regista Carlo Vanzina. A dare la notizia sono la moglie Lisa e il fratello Enrico: «Nella sua amata Roma, dov'era nato, ancora troppo giovane e nel pieno della maturità intellettuale, dopo una lotta lucida e coraggiosa contro la malattia - si legge nella nota della famiglia - ci ha lasciati il grande regista Carlo Vanzina amato da milioni di spettatori ai quali, con i suoi film, ha regalato allegria, umorismo e uno sguardo affettuoso per capire il nostro Paese».
Nato a Roma il 13 marzo del 1951, regista, sceneggiatore e produttore, Carlo Vanzina - insieme al fratello Enrico - è vissuto nel mondo del cinema fin dall'infanzia. Figlio del regista e sceneggiatore Steno (pseudonimo di Stefano Vanzina), del fatto di essere stato favorito, per le sue origini, nella carriera nel mondo del cinema non si vergognava affatto. Anzi ad ogni occasione
ricordava, riconoscente, la figura del padre e il fatto che nella sua casa fossero passati tutti: personaggi come Totò, Ugo Tognazzi, Mario Monicelli, Ennio Flaiano, Mario Camerini e Dino Risi.
Diplomatosi alla scuola francese Chateaubriand di Roma, Carlo inizia la carriera nel cinema nei primi anni '70 come aiuto regista di Mario Monicelli nei film “Brancaleone alle crociate” (1970) e poi ne “La mortadella” (1971). Dopo aver collaborato con il padre (“Anastasia mio fratello”, 1973) e con Alberto Sordi (“Polvere di stelle”, 1973), nel 1976 dirige il suo primo film, “Luna di miele in tre”, scritto dal fratello Enrico e con protagonista Renato Pozzetto. Da allora ha realizzato, nel corso di circa quarant’anni di carriera, una sessantina di film.
Nel 1986 fonda, sempre con il fratello Enrico, la casa di produzione Video 80. Autori di commedie popolari, Carlo ed Enrico hanno sempre avuto, specie nell’Italia post-sessantottina ancora ammantata da ideologie, un conto aperto con la critica. Carlo era solito spiegare così perché avesse dedicato tutta la sua vita al cinema di disimpegno: «La commedia all'italiana esiste in ogni strada del nostro Paese. È una cosa del tutto naturale. Il fatto è che gli italiani riescono a trovare il lato comico anche nelle tragedie. In fondo, spesso ce lo dimentichiamo, siamo il paese di Totò».
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