«Per quel che mi riguarda, il rapporto con la Commissione europea è ottimo», osserva il ministro dell'Economia, Giovanni Tria al termine della riunione Ecofin a Bruxelles. Nella due giorni di confronto con i colleghi ministri e con il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, è emersa in effetti una comune volontà ad affrontare la trattativa sui conti italiani con spirito collaborativo e costruttivo.
Del resto era stato lo stesso Moscovici, commentando a caldo due giorni fa le affermazioni del ministro per gli Affari europei Paolo Savona sull’appartenenza dell’Italia all’Eurozona («occorre essere pronti a ogni evenienza») a ribadire che l'interlocutore resta Tria. Al momento dunque a Bruxelles ci si affida alle rassicurazioni fornite dal ministro dell'Economia: l'Italia – lo ha sottolineato non a caso Moscovici – prepara la legge di Bilancio per il 2019 «con la totale volontà di rispettare le regole e nell'assoluto impegno nei confronti della zona euro».
Siamo per la verità alle battute iniziali di un confronto che porterà, da qui a settembre alla presentazione da parte del governo del nuovo quadro delle variabili macroeconomiche e poi a metà ottobre alla predisposizione della manovra di bilancio vera e propria. Il governo spinge per ottenere nuova flessibilità, per neutralizzare le clausole Iva (12,4 miliardi) e spingere sul pedale degli investimenti, rinviando nel contempo di un anno al 2021 l'appuntamento con il pareggio di bilancio in termini strutturali.
Si lavora alla nuova asticella del deficit che dallo 0,8% programmato la scorsa primavera dal governo Gentiloni “a politiche invariate” potrebbe salire nei dintorni dell'1,4-1,5 per cento. Ma il vero terreno di confronto riguarda il costo delle misure che il governo Conte inserirà nella manovra e il loro finanziamento. Argomento sensibile per i mercati, prima ancora che per Bruxelles. Si va dal reddito di cittadinanza alla flat tax, per finire con le annunciate modifiche alla legge Fornero. Le coperture dovranno essere certe e solide nel tempo.
Se il governo inserirà in manovra – come pare probabile – la cosiddetta “pace fiscale”, ben difficilmente si potranno utilizzare le relative maggiori entrate per coprire il costo di tagli alla spesa o riduzioni permanenti del prelievo fiscale, poiché si tratterebbe di incassi una tantum. Il tutto – ed è questo l’ulteriore elemento di confronto tra Roma e Bruxelles – in presenza di una richiesta avanzata in maggio dalla Commissione Ue di una correzione dei conti per 10-11 miliardi nel 2019.
Per la verità penderebbe anche l’ulteriore aggiustamento di circa 5 miliardi per l'anno in corso, ma in questa fase di profonda divisione in Europa alimentata dalle divergenze sulla gestione del fenomeno migratorio appare improbabile che ci si spinga fino al punto di rottura con il governo giallo-verde. La trattativa verrà dunque condotta sul piano tecnico, per individuare quali possibili spazi possano aprirsi all'interno dell'attuale set di regole europee, e sul piano politico.
Alla fine si arriverà a una soluzione di compromesso, ma certamente Tria dovrà offrire in contropartita alcune garanzie: la riduzione del debito non dovrà arrestarsi, al pari del percorso di approvazione delle riforme strutturali, così da accrescere il potenziale di crescita dell’economia. Pesa il rallentamento globale, europeo e italiano fotografato proprio ieri dalla Commissione che ha rivisto al ribasso dall'1,5 all'1,3% le stime per il Pil nel 2018.
Il confronto preliminare tra Tria e Moscovici, in occasione della riunione periodica dell'Ecofin è servito da questo punto di vista a un primo giro di orizzonte sugli orientamenti del governo. A ottobre Bruxelles riceverà la manovra di bilancio. Un giudizio compiuto è atteso non prima della prossima primavera, quando peraltro si terranno le elezioni europee.
Calendario politico e istituzionale di cui si dovrà tener conto. «Gli aggiustamenti strutturali dei conti sono ritenuti essere indipendenti dalla crescita in un senso o nell’altro», ha osservato Moscovici in implicita replica a quanto sostenuto da Tria (nel 2018 non ci saranno aggiustamenti strutturali che danneggino la crescita economica). È proprio questo il terreno di confronto con posizioni che dovranno necessariamente trovare un punto di mediazione accettabile per entrambi.
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