Da una parte la conquista di Tripoli, assediata in queste ore da una milizia esterna alla capitale libica, non è poi così scontata, e comunque non è una questione di ore. Dall’altra, se Fayez Serraj, capo del Governo di accordo nazionale, alla fine effettivamente cadesse, per l’Italia sarebbe uno «smacco molto forte» nonché, per il piano di stabilizzazione promosso dalle Nazioni Unite, «l’ennesimo fallimento». Arturo Varvelli, ricercatore dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale), esperto della Libia, fornisce una chiave di lettura “controcorrente” su quello che sta accadendo in questi giorni nella capitale libica: ha infatti la sensazione che il Governo di accordo nazionale (Gna, Government of National Accord), l’esecutivo uscito dagli accordi di Shikrat (dicembre 2015) e sostenuto dalla comunità internazionale (nonché principale interlocutore dell’Italia), non abbia in realtà le ore contate.
Difficile sbarazzarsi del cartello di milizie sotto la giurisdizione del Gna
«Non penso che sia così facile prendere la capitale - osserva il ricercatore -. Non penso, in particolare, che la Settima
brigata, quella che nelle ultime ore ha lanciato l’offensiva al governo di Tripoli, si possa sbarazzare così facilmente del
cartello delle milizie che da tempo sostiene e garantisce la sicurezza dell’esecutivo Serraj. Queste milizie, che di fatto
sono state messe sotto la giurisdizione del governo di unità nazionale, traggono diversi vantaggi dall’avere una relazione
stabile con l’esecutivo di Tripoli». Ed è probabile che a questi vantaggi non siano tanto disposte a rinunciare.
Occorre vedere che cosa faranno le altre milizie esterne alla capitale
Secondo Varvelli «dipende dalla posizione che decideranno di assumere le altre milizie sotto il controllo del premier libico
- spiega -: vorranno combattere, terranno la posizione o agevoleranno l’ingresso dei ribelli esterni? E, soprattutto, bisognerà
osservare che cosa fanno le altre milizie esterne alla città». La Settima brigata, che ha base nella città di Tarhouna, a
sud della capitale, è infatti una delle forze esterne, ma non è l’unica. « Ce ne sono altrettante, e sono altrettanto se non
anche più forti di questa milizia che ha lanciato l’assedio e sta cercando di entrare. Bisogna guardare a Zintan e ad alcune
milizie di Misurata, che nell’ultimo anno e mezzo sono state escluse dalla capitale. È una sorta di Game of Thrones».
Se cade Sarraj l’Italia perde un interlocutore importante
Se dovesse cadere Serraj, l’Italia, che ha interesse alla stabilizzazione della Libia, perderebbe un interlocutore importante.
«Sarebbe uno smacco molto forte», osserva il ricercatore dell’Ispi. Ma anche la Francia, che sostiene il rivale di Sarraj,
il generale Haftar, uomo forte della Cirenaica, avrebbe qualche problema: «Le milizie che stanno entrando a Tripoli non sono
di sicuro vicine a Parigi. Per noi sarebbe un grosso problema, ma non penso che questo scenario vada a vantaggio della Francia:
un caos a Tripoli non avrebbe effetti positivi, soprattutto in vista delle elezioni che, secondo Macron, dovrebbero tenersi
a breve, il 10 dicembre».
Ancora un fallimento per il piano Onu
Secondo Varvelli, una caduta del Governo di accordo nazionale rappresenterebbe l’ennesimo fallimento del piano delle Nazioni
Unite, «e soprattutto sarebbe un fallimento dell’Italia che in questo piano più di altri ci ha creduto. L’Italia ha cercato
di mettere insieme un’alleanza politica che sostenesse Serraj. Una caduta dell’esecutivo di Tripoli metterebbe a repentaglio
anche il progetto di una conferenza per la stabilizzazione della Libia in Italia, che sarebbe prevista per novembre».
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