Via libera del Consiglio dei ministri al Ddl Bonafede con “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione”, ribattezzato dal M5S “Spazzacorrotti”. Alla riunione era assente il vicepremier Matteo Salvini, scettico sulle misure fortemente volute dall’alleato di governo. Tra le novità, il cosiddetto “Daspo” a vita per corrotti e corruttori con condanne superiori a due anni con interdizione dai pubblici uffici e incapacità a contrarre con la Pa e l'introduzione dell'agente sotto copertura nelle operazioni di polizia anche per i reati conto la Pa. Previste anche agevolazioni a chi collabora con gli inquirenti ma solo a rigide condizioni. In apertura di conferenza stampa il premier Giuseppe Conte sottolinea come il ddl «si inquadra nell'ambito delle riforme strutturali che servono al Paese». Con esso il governo punta a «restituire al nostro Paese competitività. L'Italia ha risorse culturali, economiche e sociali: bisogna cercare di realizzare le condizioni perchè queste potenzialità si sviluppino».
Stop alla privacy per chi finanzia partiti e fondazioni
A sorpresa spunta anche lo stop alla privacy e al segreto sui nomi di chi finanzia anonimamente i partiti politici e le fondazioni
che a questi fanno riferimento. Questo, spiega il vicepremier Luigi Di Maio ai giornalisti, «consentirà di capire come mai
negli anni abbiamo visto spesso comportamenti contro i cittadini», con la politica sempre capace «di trovare miliardi di euro
per i gruppi di potere e non per le esigenze dei cittadini». La lotta alla corruzione, conclude, «farà risparmiare miliardi
di euro allo stato che potremo utilizzare per le imprese e per le persone senza lavoro, per la scuola, la sanità e i servizi
pubblici».
Daspo a largo raggio
L’elemento di maggiore novità sottolineato dal Guardasigilli Alfonso Bonafede nel suo intervento riguarda il cosiddetto “Daspo”
(in pratica, il divieto di avere rapporti con la Pa associato all’intedizione dai pubblici uffici ) per corrotti e corruttori,
anche nei casi considerati meno gravi. In pratica, chi corrompe o si fa corrompere non potrà avere alcun rapporto con lo Stato
per almeno cinque anni. Il Ddl prevede poi il “Daspo” a vita per i corrotti condannati oltre i due anni di reclusione,
con l’allontanamento dai pubblici uffici anche se si ottengono la sospensione condizionale (o patteggiamento) e la riabilitazione
decretata da un giudice. In quest'ultimo caso gli effetti del Daspo cessano solo dopo 15 anni da quando la pena è stata espiata
e sempre in caso di buona condotta.
I dubbi su Daspo “perpetuo” e riabilitazione
La modifica mirata delle nuove norme anticorruzione messe a punto questa estate dal Guardasigilli Alfonso Bonafede era nell'aria.
Nonostante il pressing del vicepremier Luigi Di Maio e la campagna sui social avviata dal M5S, la prima versione del provvedimento “spazza-corrotti” aveva fatto storcere il naso al leader della Lega Matteo Salvini,
che ieri metteva in guardia dal permettere «processi sommari» contro gli accusati di corruzione, pur confermando la necessità
di combattere senza quartiere il fenomeno. A pesare anche i dubbi di incostituzionalità di diversi giuristi per le pene accessorie
“senza scadenza” come appunto l’interdizione dai pubblici uffici e l'incapacità a contrarre con la Pa. Dubbi che sarebbero
stati sottolineati tra gli altri anche dal premier Giuseppe Conte, di professione avvocato.
Ddl atteso alla Camera. Le critiche dell’opposizione
Dopo il via libera del governo, il ddl Bonafede verrà incardinato alla Camera, in commissione Giustizia, guidata dalla pentastellata
Giulia Sarti. L’opposizione preannuncia una lotta senza quartiere al provvedimento, definito senza mezzi termini «mostro giuridico»
da Enrico Costa, capogruppo di FI nella stessa commisisone. L’accusa è di stravolgere «i principi su cui si fonda il sistema
penale. Le argomentazioni del Governo sono agghiaccianti : ci sono pochi processi per corruzione, allora, per migliorare le
statistiche, lo Stato diventa regista della commissione di reati. La corruzione non si combatte violando la Costituzione ed
i principi su cui si fonda lo Stato di diritto». «Non si combatte la corruzione violando i principi costituzionali», taglia
corto un altro deputato azzurro, Franceso Paolo Sisto. La proposta varata da palazzo Chigi « è inutile, perché si limita ai
soliti aumenti di pena, e dannoso, perché richiama il peggio delle norme di Mani pulite e delle terapie degli anni di piombo
contro i
brigatisti». Il responsabile Giustizia del Pd, Valter Verini, liquida invece il ddl come «uno spot, con aspetti, purtroppo,
di dubbia costituzionalità ed efficacia».
Sì all’agente sotto copertura
Tra le misure di rilievo del ddl spicca poi la possibilità di ricorrere nelle indagini anticorruzione e reati contro la Pa
all'agente sotto copertura (cosa diversa dall'agente provocatore) già previsto nelle attività di contrasto alla criminalità organizzata, al traffico
di droga e al terrorismo (e citato anche al punto 15 del contratto di governo M5S-Lega).
Non punibile chi denuncia per tempo la corruzione
Con il Ddl debutta poi la figura del “pentito della corruzione”: chi si pente (in tempo utile) dei propri comportamenti,
si autodenuncia e aiuta concretamente la giustizia - spiega una nota di via Arenula - «non sarà punibile, a patto che rispetti
regole molto severe: confessione spontanea su fatti non già oggetto d'indagine e comunque entro 6 mesi dalla commissione del
reato». Le informazioni rese ai magistrati dovranno poi « essere davvero utili», e accompagnate «dalla restituzione del denaro
intascato». Si interviene anche sul fronte della vendita di influenze, vere o inventate. Il “millantato credito” viene infatti
assorbito dal reato di “traffico illecito di influenze”, «delitto che punisce sia chi vende, sia chi acquista influenze vere
e false».
Inasprimento delle pene
La riforma delle norme contro la corruzione non dimentica un generale inasprimento delle pene per i pubblici ufficiali, con
la reclusione da 3 a 8 anni per chi corrompe e si lascia corrompere nell'esercizio delle proprie funzioni pubbliche. Lunga
la lista dei reati per cui si rischia il Daspo per i rapporti con la Pa: malversazione aggravata dal danno patrimoniale di
rilevante gravità, corruzione per l'esercizio della funzione, corruzione propria aggravata dal fatto di avere ad oggetto il
conferimento di pubblici impieghi, istigazione alla corruzione, peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere
utilità, traffico di influenze illecite, abuso d'ufficio aggravato dal vantaggio o dal danno di rilevante gravità.
Procedibilità d’ufficio per la corruzione tra privati
Il provvedimento elaborato dai tecnici della Giustizia introduce poi la procedibilità d’ufficio, senza la necessità di denuncia
da parte della vittima, in caso di corruzione tra privati e istigazione alla corruzione tra privati. I cittadini italiani
o stranieri che commettono alcuni reati contro la pubblica amministrazione all'estero «potranno sempre essere perseguiti
senza una richiesta del ministro della Giustizia e in assenza di una denuncia di parte». In caso di condanna, privati e funzionari
pubblici saranno soggetti a sanzioni economiche più alte, proporzionate alla gravità del reato commesso e, comunque, mai al
di sotto dei 10mila euro.
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