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Genova e manovra, il precario equilibrio del governo tra Lega e M5s

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L'Analisi|l’analisi

Genova e manovra, il precario equilibrio del governo tra Lega e M5s

Che il primo vero ostacolo arrivasse in autunno era scontato fin dall’inizio dell’avventura gialloverde. La sessione di bilancio è sempre stata la cartina di tornasole per testare la solidità delle maggioranza e i rapporti di forza interni. Stavolta ancora di più perché interviene in un momento in cui tutti i sondaggi certificano il sorpasso della Lega sul M5s, dopo neppure 4 mesi di governo, con Matteo Salvini protagonista assoluto come sancisce la copertina conquistata su Time.

Il suo omologo pentastellato è cosi obbligato a correre ai ripari. Anche perché nel frattempo Luigi Di Maio ha dovuto fare i conti con l’onere del governare, come dimostra il caso Ilva che gli ha creato non pochi problemi con il suo elettorato. Il leader del M5s è così passato al contrattacco, chiedendo anzitutto garanzie per il reddito di cittadinanza nella manovra, ma anche mettendosi di traverso sulla possibilità che il ruolo di primo piano sulla ricostruzione del ponte di Genova sia affidato a un esponente politico riconducibile alla Lega, quale sarebbe il governatore della Liguria Giovanni Toti. Non solo perché espressione della maggioranza di centrodestra che guida regione e città, ma soprattutto perché pur essendo di Fi è da sempre vicino a Salvini e sostenitore del partito unico del centrodestra.

Lo stesso vale per il sottosegretario leghista Rixi e per qualunque altro esponente politico. Salvini lo sa bene e mostra anche comprensione verso le difficoltà del suo alleato di governo tant'è che su Genova sta evitando di manifestare apertamente il proprio pensiero. Ma forse non si tratta solo di magnanima comprensione. Salvini potrebbe aver deciso di replicare lo schema già utilizzato in occasione della formazione del governo quando inaspettatamente lasciò a Di Maio il ministero dello Sviluppo e quello del Lavoro. Due dicasteri prestigiosi ma che espongono chi li guida anche al rischio di ritrovarsi ogni giorno a fare i conti con lavoratori arrabbiati e imprese in crisi mentre dal Viminale Salvini miete consensi lanciandosi quotidianamente nella campagna antisbarchi.

Vale anche per Genova. Di Maio si sta assumendo un grande rischio. La ricostruzione non si fa a parole e tra qualche mese, magari proprio durante la campagna per le europee che si terranno a maggio, a pagare il prezzo per le inevitabili difficoltà sulla realizzazione del nuovo ponte potrebbe essere proprio il M5s e i quindi il suo leader. Difficoltà che si sommeranno a quelle incontrate sulla manovra. Di Maio è convinto che alla fine le risorse per il reddito di cittadinanza si troveranno. «Anche Padoan si opponeva agli 80euro ma alla fine ha dovuto piegare la testa con Renzi», è il ragionamento che filtra dai 5 stelle.

Ma difficilmente potranno arrivare quei 10 miliardi necessari per far arrivare l’aiuto a una vasta platea. A differenza del suo predecessore, l’attuale ministro dell’Economia Giovanni Tria deve accontentare non uno ma due fronti. E se dà 10 miliardi a Di Maio, altrettanti deve garantirne alla Lega. Salvini ha già detto che non intende rinunciare a quota 100 sulle pensioni e all’avvio della riduzione delle tasse. Per ora i la tensione si sta scaricando su via XX Settembre. Ma nelle prossime ore i due vicepremier saranno costretti a trattare e a scegliere sulla manovra come su Genova, dove il presidente del consiglio Giuseppe Conte arriva con un decreto che, alla fine, il consiglio dei ministri è stato costretto ad approvare con la formula “salvo intese” , certificando che, anche sulla ricostruzione del ponte a un mese dal crollo, l'accordo ancora non c'è.

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