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Pensioni, «quota 100» finanziata dalle aziende? Le ipotesi…

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Pensioni, «quota 100» finanziata dalle aziende? Le ipotesi sul tavolo

L’abbassamento dei requisiti di pensionamento con l’annunciata “quota 100” potrebbe rendere più appetibili forme di finanziamento aziendale per l’uscita anticipata di un considerevole numero di lavoratori senior. Gli strumenti su cui stanno ragionando i tecnici sono soprattutto i fondi di solidarietà attivi in diversi settori come il credito, le assicurazioni, il trasporto pubblico o il neonato “fondo Tris” del settore chimico-farmaceutico.

Con questi fondi, alimentati da un contributo dello 0,5% per due terzi a carico delle aziende, si possono anticipare fino a 5 anni le uscite con schemi di prepensionamento sottoscritti con accordi sindacali. Finora il maggiore utilizzo di questi strumenti si è registrato nel settore del credito, dove nei primi 15 anni del secolo sono stati prepensionati oltre 65mila addetti diventati in esubero rispetto alle esigenze produttive. Le aziende che scegliessero di partecipare a “quota 100” finanziando le uscite anticipate dovrebbero però impegnarsi ad assumere giovani lavoratori.

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Solidarietà e fondi categoriali
Attualmente alla dozzina di fondi di solidarietà operativi e al Fondo di integrazione salariale (Fis) attivato nel 2016 e a cui sono obbligatoriamente iscritti tutti i datori di lavoro con più di 5 addetti, risultano iscritti tra i sei e i sette milioni di lavoratori. Sarebbe questa la prima platea di potenziali candidati a una speciale “quota 100” finanziata dalle imprese. A questi fondi si aggiungono poi i fondi interprofessionali attivati nel 2003 per finanziare la formazione e l'aggiornamento professionale dei lavoratori; sono una ventina, sono sostenuti da un contributo dello 0,3% dai datori di lavoro che nel 2015, ultimo dato disponibile, ha garantito un gettito di circa 950 milioni di euro. Anche queste risorse potrebbero rientrare in parte nell’operazione di co-finanziamento di “quota 100” per alcune categorie.

Isopensione e Ape aziendale
L’altro strumento di flessibilità che potrebbe essere considerato è l’isopensione, prevista dall'articolo 4 della legge 92/2012 e accessibile ai soli datori di lavoro del settore privato con più di 15 dipendenti. Da quest’anno con l’isopensione le aziende possono finanziare fino a 7 anni di uscita anticipata dei loro dipendenti in esubero, interessando soggetti con 60 anni di età o anche soli 36 anni di contributi. Requisiti che con “quota 100” potrebbero scendere ulteriormente. Lo stesso discorso vale per l’Ape aziendale, che fino alla fine del prossimo anno può essere spesata dalle aziende per finanziare l’anticipo fino a 43 mesi di lavoratori con 63 anni di età e almeno 20 di contributi. Cambiando le regole generali di pensionamento di anzianità anche questi canali co-finanziati potrebbero essere riconsiderati come alternativa più praticabile, senza maggiori oneri per le finanze pubbliche.

Lo scambio
Dietro a queste ipotesi c’è l’idea di rafforzare i finanziamenti dei fondi, ritoccando le aliquote contributive attuali per rendere strutturale il loro utilizzo anche in futuro. Un aumento del costo del lavoro che potrebbe rivelarsi conveniente per le grandi aziende, quelle che possono pianificare programmi di ricambio generazionale fatti su grandi numeri e ammortizzabili in diversi quinquenni. Ma per il calcolo dei costi e dei benefici è ancora troppo presto, bisogna aspettare che dalle ipotesi si passi alle proposte di legge concrete.

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