Chissà se riuscirà ad addolcire le roventi diatribe politiche sul tetto di deficit da rispettare per l’anno prossimo per garantire la sostenibilità dei conti pubblici la piccola buona notizia contenuta nella revisione dei conti economici nazionali apportata dall’Istat.
Esattamente come avvenne lo scorso anno in settembre, la riscrittura del triennio 2015-2017 garantita dalla raccolta delle informazioni contabili definitive ha fatto scoprire una dinamica del Pil nominale 2016 migliore del previsto. E un miglioramento di 0,6 punti percentuali nel denominatore(8,8 miliardi di prodotto in più)ha permesso anche di ridefinire il livello del rapporto debito/ pil. Che ora risulta attestato, nel 2017, non più al 131,8 per cento, come sapevamo fino a ieri ma al 131,2 per cento.
Anzi, ancor più interessante, sempre a volersi consolare con effetti puramente contabili, è la nuova serie storica di questo rapporto, che ora individua il picco del rapporto debito/pil nell’anno 2014 (al 131,8%) e poi spalma un faticosissimo ma costante miglioramento (-0,2% l'anno) nell'ultimo triennio.
Questo cambierà la percezione esterna dell’Italia o modificherà le valutazioni delle agenzie di rating se per caso si decidesse di ignorare le preoccupazioni già esternate da tutti gli osservatori internazionali per le prospettive della finanza pubblica italiana? No. Ma certamente offrirà un'immagine più ordinata delle performance del nostro paese, come quella che ottengono le signore quando vanno dal parrucchiere, prima di affrontare un esame importante.
Per il resto, i dati di fondo restano gli stessi: c’è una ripresa dell’economia reale che è gracilina e dopo gli ultimi dati di produzione industriale faticherà a garantire un ritmo dell’1,2 per cento nel 2018 e dell’uno per cento nel ‘19 ,mentre sulla scena si addensano rischi internazionali non trascurabili: le guerre commerciali, il rialzo del petrolio, gli effetti della normalizzazione della politica monetaria in Europa.
Lo stock del debito pubblico italiano resta quello che era. E aumentare un po’ la crescita, in quadro di tenuta finanziaria, rimane prioritario. Anche se, magari anche per effetto della statistica, può darsi che i margini per ottenere una discesa del rapporto debito pubblico/pil l’anno prossimo esistano anche con qualche decimale in più rispetto a un target di deficit dell’1,6 per cento.
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