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Ridurre con decisione il rapporto debito/Pil

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L'Analisi|l’audizione di bankitalia

Ridurre con decisione il rapporto debito/Pil

Ai tempi della Prima Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, all’epoca governatore della Banca d'Italia, era solito definire «ambiziosi» gli obiettivi governativi di crescita e riduzione del debito pubblico ai quali non credeva. Con understatement se possibile ancora maggiore, Bankitalia oggi definisce «elevato» l'impatto sulla crescita stimato dal governo Conte per i provvedimenti annunciati, quelli sul reddito di cittadinanza e sulle pensioni.

Infatti, ha spiegato il vicedirettore generale di Palazzo Koch, Luigi Federico Signorini, la stima del governo presuppone che il valore dei moltiplicatori delle misure espansive sia superiore a quanto generalmente stimato per l'Italia. Ed è condizionata al fatto che le misure stesse possano essere di stimolo per l'economia sin dall'inizio dell'anno prossimo.

Ma, dall'intervento del dirigente di via Nazionale, si desume che la preoccupazione principale oggi riguarda i possibili effetti della manovra sul livello tassi d'interesse e, in definitiva, sulla credibilità stessa del paese. Infatti, ha rimarcato Signorini, è vero che il debito pubblico italiano ha una vita media residua elevata, cosa che rende graduale nel tempo l’aumento dei tassi all’emissione sull'onere medio del debito. Ma ai tassi attuali già nel 2021 la spesa per interessi sarebbe superiore di circa lo 0,6 per cento di Pil rispetto alle previsioni che si facevano in aprile: in altri termini, entro tre anni l’esborso per interessi sul debito pubblico sarà superiore di 10 miliardi.

Non basta: la Nadef, ha sottolineato Signorini, prevede per la discesa del rapporto debito- Pil un percorso più lento sia di quello prefigurato nelle previsioni tendenziali sia di quanto consentito dall'attuale congiuntura economica e rinvia a una data imprecisata il conseguimento dell'equilibrio di bilancio pubblico.

Possiamo permettercelo? La risposta implicita è:no. È infatti essenziale tornare a rafforzare la fiducia di risparmiatori e investitori in modo da far scendere il premio al rischio sul debito sovrano. È insomma il debito pubblico italiano, come Bankitalia non si stanca di ripetere, il «grande moltiplicatore» delle eventuali turbolenze finanziarie, e va piegato con decisione. Non soltanto perché ogni anno siamo costretti a collocare sul mercato 400 miliardi di titoli di stato che solo per due terzi oggi sono assorbiti da risparmiatori e soggetti istituzionali italiani.

Ma perché una minore valutazione dei titoli di stato in portafoglio incide sui ratios patrimoniali delle banche e, per questa strada, finendo con il limitare l’offerta di credito a imprese e famiglie, può retroagire sulla crescita economica. Con ciò vanificando bruscamente tutti gli sforzi per riportare il paese su un sentiero di sviluppo economico sostenuto.

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