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Legge bilancio 2019, le sanzioni Ue che rischia l’Italia

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Legge bilancio 2019, le sanzioni Ue che rischia l’Italia

Prima una lettera con la richiesta di chiarimenti, in cui verranno condensati tutti i punti contestati. Poi la richiesta formale di correttivi alla manovra da adottare entro due settimane. Infine l’eventuale bocciatura della manovra. Questi i passaggi pressoché certi del confronto/scontro in atto tra Roma e Bruxelles sulla manovra di bilancio appena approvata dal Consiglio dei ministri. La visita di due giorni a Roma del commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, lascia tuttavia intendere che persistono margini politici per giungere a un'eventuale soluzione di compromesso.

Il timing delle regole Ue
Vediamo prima di tutto il timing previsto dalle regole europee. Il meccanismo di sorveglianza contenuto nel cosiddetto “semestre europeo” e nel “Two Pack” prevede espressamente che vi sia un’interlocuzione diretta tra i paesi membri e la Commissione europea soprattutto nella fase di messa a punto delle manovre di finanza pubblica e del Documento programmatico di Bilancio. Testo, quest’ultimo che deve essere trasmesso entro il 15 ottobre, e costituisce la base su cui l’esecutivo comunitario formula il suo primo giudizio sulla manovra. Finora non è mai accaduto che si sia arrivati alla “bocciatura” del testo. In diverse occasioni Bruxelles ha chiesto e ottenuto modifiche sia nella parte relativa al quadro macroeconomico che in quella delle proiezioni di finanza pubblica. Non si entra nel merito delle misure proposte dai governi, poiché in ogni caso queste rientrano nelle competenze nazionali.

Possibile procedura d’infrazione
Cosa accadrà dunque se – come sembra – il governo Conte rispedirà al mittente le richieste di modifica della manovra? L’eventuale bocciatura della manovra, in cui peraltro in questo caso si farebbe esplicito riferimento alla mancata “validazione” del quadro macroeconomico da parte del nostro Fiscal Council, vale a dire l’Ufficio parlamentare di Bilancio, aprirebbe la strada all’apertura di una procedura d’infrazione, con tempi però da definire. Si aprono due possibilità. La prima è che Bruxelles, una volta pubblicate in novembre le sue nuove stime autunnali per l'intera eurozona, decida di approfittare di questa “finestra” e aprire subito una procedura d’infrazione per mancato rispetto della regola del debito. Evidente che in questo caso si andrebbe allo scontro diretto con il Governo, con tutte le evidenti ripercussioni sui mercati (a fine mese è atteso il giudizio sul nostro rating da Standar&Poor’s e Moodys), e le dure polemiche politiche che ne seguirebbero a pochi mesi dalle elezioni europee.

Rnvio della procedura alla primavera
L’altra possibilità, che al momento appare come la più probabile, è che “bocciata” formalmente la manovra la Commissione Ue rinvii alla prossima primavera la decisione di aprire la procedura di infrazione per disavanzo eccessivo. A quel punto (e ammesso che si decida in tal senso vista la contemporanea scadenza elettorale) si aprirebbe la fase del “rientro” dalla posizione di eccesso di deficit riscontrata, con richiesta anche temporale. Solo alla fine di questo percorso, che peraltro potrebbe anche protrarsi per due/tre anni, qualora l’Italia non rispettasse le raccomandazioni ricevute, si arriverebbe alle eventuali sanzioni. Anche queste peraltro finora mai applicate. Di certo però, con l’apertura della procedura di infrazione, il nostro paese rientrerebbe nel “braccio correttivo” del Patto di stabilità, con ciò perdendo ogni possibilità di accedere a tutte le forme di flessibilità previste dalla Comunicazione della Commissione del gennaio 2015, riservate appunto a tutti i paesi fuori da procedure di infrazione e dunque inserite nel “braccio preventivo” dello stesso Patto di stabilità. Margini di compromesso sono tuttora possibili, come auspicato dal presidente della Bce Mario Draghi. Arrivare allo scontro non conviene né all’Italia né alla Commissione europea.

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