«L’opzione per il pensionamento anticipato è apparentemente una misura one-off, disponibile solo il prossimo anno». Questa considerazione spunta nel report con cui Moody’s venerdì sera ha motivato il downgrade dei titoli italiani con outlook stabile. Una frase del genere incontrerà le smentite immediate da parte dei leader di Lega e M5S, che hanno sempre parlato di quota 100 «strutturale», come sottolineato ieri anche dal sottosegretario al Mef Massimo Bitonci. Ma non è un’invenzione nata dal nulla, e va letta insieme all’impegno del governo, sottolineato nella risposta inviata ieri mattina a Bruxelles, «a intervenire adottando tutte le necessarie misure» per non sforare ulteriormente i livelli di deficit del programma.
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Ma andiamo con ordine. Il carattere una tantum ipotizzato dall’agenzia di rating per la riforma delle pensioni nasce da tre cifre del «Dpb». Secondo il programma ufficiale, la riforma delle pensioni costerà lo 0,37% del Pil (poco più di 6,7 miliardi) nei primi due anni, e lo 0,36% nel 2021. Una spesa fissa, insomma, proprio come quella del reddito di cittadinanza.
Una riforma strutturale delle pensioni, però, difficilmente è così lineare, per due ragioni. Quota 100 funzionerà per finestre, quindi il primo anno molti dei nuovi pensionati riceveranno l’assegno per poche mensilità, mentre avranno diritto a tutti i 13 mesi dal 2020. In quell’anno, poi, nuove uscite si sommerebbero a quelle del 2019, aumentando la spesa. Come mai, allora, il Dpb non ne tiene conto? La risposta sarà nel testo della legge di bilancio. Per ora l’accordo nel governo è stato trovato sui fondi da destinare alle due misure-bandiera del contratto. E ora bisogna scrivere regole che stiano dentro a quei finanziamenti.
Sono due le ipotesi tecniche in campo. La prima richiama direttamente la definizione di Moody’s: una riforma con carattere “sperimentale” per tenerne sotto controllo gli effetti a medio termine. In alternativa, le norme potrebbero prevedere una clausola compensativa, che tagli altre voci previdenziali per finanziare quota 100. Nel mirino, in questo caso, c’è soprattutto l’indicizzazione: lo stop a questo meccanismo è già stato ipotizzato per le cosiddette pensioni d’oro. Due strade difficili da intrecciare con le esigenze della politica, come mostra il fatto che ieri il vicepremier Di Maio ha rilanciato anche l’obiettivo di bloccare l’adeguamento automatico dei parametri all’aspettativa di vita. La quadra, insomma, per ora appare molto difficile da trovare. Ma dall’altro lato il governo assicura l’intenzione di applicare sistemi di monitoraggio su tutte le misure di spesa. E pensioni e reddito, ovviamente, sono destinati a essere i primi obiettivi di questo controllo. Molto dipende anche dai tempi di avvio delle due misure, una partenza ritardata alleggerirebbe il loro peso almeno sul primo anno.
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