Per il reddito di cittadinanza spunta una sorta di “tagliando” a metà percorso: dopo i primi 18 mesi di erogazione delle somme (a integrazione, fino a un massimo di 780 euro mensili) scatta una verifica: se il percettore è ancora in possesso dei requisiti richiesti (vale a dire, Isee non superiore a 9.360 euro, costo affitto, programmi di formazione e riattivazione) la misura viene prorogata di ulteriori 18 mesi. Lo strumento resterebbe fortemente collegato a percorsi di politica attiva: oltre alle otto ore da dedicare a impieghi di utilità collettiva, il beneficiario non potrà rifiutare tre proposte di lavoro “eque”, pena la perdita del beneficio. In legge di Bilancio è stato indicato lo stanziamento, 9 miliardi, che l’esecutivo ritiene necessario per far debuttare lo strumento; per i centri per l’impiego c’è 1 miliardo che sarà utilizzato per il loro ampio restyling.
I dettagli dell’intervento non sono però ancora pronti (a differenza di pensioni e quota 100). E questo alimenta le tensioni. Perché, mentre i tecnici lavorano, il reddito di cittadinanza, ovvero il cavallo di battaglia del M5S, finisce per la prima volta nel mirino della Lega, facendo salire la soglia dello scontro con il M5S oltre il livello di guardia. Ad aprire il fuoco sono le parole del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, estrapolate dal libro di Bruno Vespa in uscita per Rai Eri Mondadori. «Il reddito di cittadinanza - sostiene Giorgetti - ha complicazioni attuative non indifferenti. Se riuscirà a produrre posti di lavoro, bene. Altrimenti resterà un provvedimento fine a se stesso».
L’affondo di Giorgetti viene diffuso mentre il vicepremier Luigi Di Maio sta annunciando un’accelerazione: le norme su quota 100 e reddito si faranno «subito dopo la legge di bilancio, intorno a Natale, non con un Ddl, ma con un decreto legge perché l’Italia non può aspettare». Dichiarazioni che spiazzano persino alcuni pentastellati di peso, convinti che gli ingranaggi base del meccanismo, dai centri per l’impiego alle modalità telematiche di erogazione dei soldi, al piano di controlli, in capo probabilmente alla Guardia di Finanza, siano tutti ancora da oliare. Per non rischiare flop.
A mediare interviene Giuseppe Conte. Prima di rientrare da Tunisi il premier difende le stime sulle coperture, ma non lascia cadere l’alert di Giorgetti. «La riforma del reddito di cittadinanza partirà l’anno prossimo», assicura (entro marzo, ha garantito Di Maio). Aggiungendo che «siamo ben consapevoli tutti che va fatta con molta attenzione: è la ragione per cui non è stata inserita adesso. Teniamo farla bene e con tutti i dettagli». Il chiarimento arriva in serata, durante un vertice con Giorgetti a palazzo Chigi. «Siamo sorpresi dalle polemiche inutili e pretestuose», recita una nota congiunta. Con cui assicurano che «il Governo va avanti unito». E sdrammatizzano pure il botta e risposta del mattino tra Salvini e Conte, costretto a ricordare all’esuberante vicepremier: «Il premier sono io , mi siedo io al tavolo con Bruxelles».
Fonti del Carroccio avevano comunque già gettato acqua sulle fiamme: «Nessuna intenzione di bloccare il reddito di cittadinanza». Ma le perplessità del sottosegretario sono condivise da molti leghisti. «Il problema è che la riforma dei centri per l’impiego per funzionare impiegherà almeno due anni», spiega il sottosegretario Armando Siri, consulente economico di Salvini. «Ho proposto una soluzione alternativa, che sarebbe più gradita alle imprese e al Nord produttivo ed eviterebbe gli abusi - aggiunge -. Non dare l’assegno direttamente ai beneficiari, ma alle aziende formatrici».
L’impianto allo studio per ora resta quello originario. Verrebbe confermata la dote (tre mensilità, massimo 2.340 euro) per l’azienda che assume il percettore di reddito di cittadinanza tramite centro per l’impiego (si veda Sole24Ore del 1° novembre). Si starebbe ipotizzando anche un incentivo per le agenzie private, sempre legato alla ricollocazione del disoccupato. I beneficiari del reddito di cittadinanza restano i maggiorenni residenti in Italia da almeno cinque anni disoccupati o inoccupati (inclusi pensionati, ai quali spetta la pensione di cittadinanza). Si parla di una platea di potenziali fruitori tra i 5 e i 6 milioni , persone in condizione di povertà e senza lavoro.
© Riproduzione riservata