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Dossier Robiglio: «Dal Governo aspettiamo risposte concrete per lo…

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    Dossier | N. 53 articoliEcco le 350 magnifiche Pmi della classifica italiana

    Robiglio: «Dal Governo aspettiamo risposte concrete per lo sviluppo»

    Carlo Robiglio Imago
    Carlo Robiglio Imago

    Una grande spinta a innovare e crescere. Utilizzando le novità del digitale, intercettando le tendenze del mercato, in Italia e all’estero, collaborando sempre di più. Per Carlo Robiglio, presidente della Piccola industria di Confindustria, l’analisi delle 350 imprese italiane Leader della crescita Il Sole-24 Ore - Statista è una conferma di ciò che ha constatato sul territorio in questo primo anno di mandato, nei 14 roadshow che si sono svolti in tutta Italia: «le Pmi rimaste in piedi dopo la crisi, o le startup che sono nate in quest’ultimo periodo, dimostrano una forte capacità di resilienza, di saper trasformare le difficoltà in opportunità, di evolversi attraverso le potenzialità del digitale, a partire dall’e-commerce, intercettando quelle nicchie di mercato dove la qualità italiana fa la differenza».

    Il mondo delle Pmi, quindi, rappresenta un motore di crescita e occupazione per il Paese. Proprio per questo, continua Robiglio, c’è ancora più «scoramento e rammarico» per le mancanze della manovra di governo. «Non c’è niente di significativo per le Pmi, le piccole in particolare. Non solo non si sono aggiunti nuovi strumenti, ma sono stati depotenziati o cancellati quelli che c’erano. Penso a Industria 4.0 il cui impatto è stato ridotto, all’Ace, una idea buona da portare avanti. E anche la flat tax, così sbandierata in campagna elettorale, si è concretizzata in una misura per chi fattura fino a 65mila euro, 100mila dal 2019: liberi professionisti e partite Iva».

    Atteggiamento miope visto che le Pmi sono oltre il 90% delle imprese italiane... come la vede?
    Dalle Pmi può arrivare quella crescita che il governo si è posto come obiettivo. Erano state indicate, in campagna elettorale, come target dell’azione dell’esecutivo. Così non sta avvenendo e non c’è nemmeno la disponibilità a dialogare sulle nostre proposte. Non bisogna inventare ricette: sarebbe bastato mantenere in piedi ciò che ha dimostrato di funzionare, a partire da Industria 4.0. Oppure l’alternanza scuola-lavoro. È negativo averla depotenziata: la formazione è fondamentale per creare occupazione, le aziende non trovano i profili che cercano, per migliaia di posti.

    Quali elementi sono emersi nel roadshow sul territorio?
    Ne parleremo in un convegno organizzato dalla Piccola alla fine di novembre. Sarà un focus sul primo anno della mia presidenza. Sono stati evidenziati alcuni aspetti su cui lavorare, che sono driver di sviluppo ed esigenze del mondo delle Pmi: cultura d’ impresa; ruolo sociale dell’imprenditore mettendo al centro la persona; la crescita. Il tema della cultura d’impresa è fondamentale: i piccoli imprenditori devono dare spazio ai manager e uscire dall’azienda, svolgere il proprio ruolo osservando ciò che avviene nel mondo, come e dove intercettare i nuovi bisogni. La contaminazione e il dialogo fra imprese, diffondendo esperienze e best practice, è fondamentale.

    È l'obiettivo anche del Pmi Day che si terrà il 16 novembre…
    Nel Pmi Day c’è la volontà di sottolineare il circolo virtuoso tra impresa, società, istituzioni, università. Si aprono le aziende alle scuole, ai ragazzi: le aziende sono un elemento della comunità, dove la persona viene valorizzata. A beneficio di tutto il territorio. Lo dimostrano alcune realtà dove il dialogo tra imprese e istituzioni locali ha dato risultati positivi. Penso in particolare al Sud, area del Paese che è ancora arretrata rispetto al Nord: la Campania e la Puglia stanno dando segnali di vitalità. In Campania è positivo il dialogo con l’Università Federico II, che ha favorito la ricerca e l’innovazione. In Puglia si è creato uno scambio di conoscenza e competenza sull’agroalimentare. Il Pmy Day è arrivato alla nona edizione, con numeri sempre in crescita: nell’ultima, 2017, sono stati coinvolti più di 41mila studenti e oltre 7mila imprese. Si è esteso anche all’estero e io stesso il 16 sarò a Bruxelles, per portare le istanze dell’industria nell’Unione europea.

    Quanto pesa essere competitivi fuori dai cancelli?
    Molto. Abbiamo deficit di competitività con cui dobbiamo fare i conti. Al Sud più che al Nord, a partire dalle infrastrutture, materiali e immateriali. Come Confindustria ci stiamo impegnando nel fare cultura d’impresa, nel fornire agli imprenditori gli strumenti per evolversi e stare al passo con la concorrenza globale. Il digitale è fondamentale, i Digital innovation hub possono essere il volano per quella cultura d’impresa che è necessario ancora creare. Anche chi opera in settori maturi deve comprendere che può e deve innovare, per restare competitivo e crescere. Noi ce la mettiamo tutta, auspicando che dal governo qualche risposta arrivi.

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