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Dossier Il kiwi biologico AgricolliBio nasce dalla resilienza

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    Dossier | N. 53 articoliEcco le 350 magnifiche Pmi della classifica italiana

    Il kiwi biologico AgricolliBio nasce dalla resilienza

    Alexander Feulner e Gabriele Farinelli, i due soci che nel 2012, appena  20enni, hanno dato vita partendo da zero al progetto imprenditoriale che in un anno si è concluso con la nascita di  Agricolli Bio, azienda specializzata nella produzione del kiwi biologico
    Alexander Feulner e Gabriele Farinelli, i due soci che nel 2012, appena 20enni, hanno dato vita partendo da zero al progetto imprenditoriale che in un anno si è concluso con la nascita di Agricolli Bio, azienda specializzata nella produzione del kiwi biologico

    Una scommessa nella scommessa: un’azienda fondata da giovani nonostante le difficoltà economiche internazionali. «In pieno 2012, io a 21 anni e il mio socio Gabriele a 20 anni siamo partiti con una piccola produzione di kiwi biologici che lui si era trovato a gestire appena maggiorenne, e ci siamo avventurati con un magazzino per confezionare il prodotto e i primi clienti cercati anche sul web». Così Alexander Feulner ricorda il momento in cui in tandem con Gabriele Farinelli hanno dato vita a un progetto che partito da zero si è concluso un anno dopo con la nascita di Agricolli Bio entrata nella lista «Leader della crescita» stilata da Il Sole-24Ore e Statista.

    «Produciamo kiwi biologico - spiega Alexander Feulner - nelle varietà Green Light, Soreli Gold e Hayward, quasi 10 mila tonnellate di prodotti all’anno». E l’impresa agricola ha insegnato la resilienza ai giovani imprenditori: «Ogni ombra di utile lo reinvestiamo nella produzione, coltivare il kiwi è un’avventura rischiosa e a medio lungo termine, si inizia a raccogliere dopo 3 anni i primi frutti». Un lavoro premiato con una crescita esponenziale anche nel fatturato, nel 2013 arrivato a 1 milione e 300mila euro, nel 2014 a 3 milioni e 200mila euro, nel 2015 a 6mlioni e 900mila euro fino ad arrivare nel 2017 a quasi 17 milioni di euro. E gli investimenti sono stati fin da subito importanti come spiega Alexander; «per arrivare a questi volumi abbiamo dovuto investire in strutture, dal 2015 abbiamo finalmente avuto un nostro magazzino e macchinari, che ci sono costati inizialmente 1 milione e 300mila euro. I terreni per ora li prendiamo in affitto con contratti a 25 anni e li lavoriamo noi».

    Vantaggio competitivo è anche il prodotto certificato e garantito Bio, spiega Feulner, significa coltivare secondo standard per cui non vengono utilizzati pesticidi chimici. E il distretto in cui hanno scelto di produrre Bio cresce insieme a loro, valorizzando i frutti che nascono dalle terre dall’Agro Pontino, la pianta è più forte anche contro le malattie. «Grazie al nostro lavoro abbiamo convertito quasi 2mila ettari da produzione normale con pesticidi e ormoni a produzione Bio e gli agricoltori ci hanno seguito trasformando il territorio, seguiamo la filiera dal contadino al supermercato». La produzione Bio è vincente soprattutto all’estero: «esportiamo l’80% del nostro fatturato, il nostro prodotto però alla fine arriva per il 95% fuori dall’Italia» e così l’imprenditore precisa i mercati di riferimento: «40% Stati Uniti, 30% Germania, 30% il resto del Nord Europa». Diversificazione è la parola d’ordine anche per il food, ma in modo sostenibile precisa Alexander : «Ci siamo specializzati con lo zenzero e la curcuma dal Perù sostenendo progetti equo solidali dal Perù». Per chiudere il cerchio del prodotto biologico anche il packaging deve essere sostenibile, e qui spunta un’innovazione tra tecnologia ed economia circolare: «stiamo investendo molto nello sviluppo del lasebrand, anziché un bollino di plastica incidiamo con laser sulla buccia del kiwi i riferimenti che vanno messi per legge sui frutti, e anche per i pacchetti anziché la plastica o il cartone non riciclabile, usiamo un film che è organico. Spendiamo di più, guadagniamo di meno, e abbiamo più difficoltà come giovani ad accedere al credito. Non ce lo chiedono - sottolinea Feulner - ma lo facciamo perchè ci crediamo».

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