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Di Maio vs Salvini, lo scontro a tappe che paralizza il Governo

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la guerra dei vicepremier

Di Maio vs Salvini, lo scontro a tappe che paralizza il Governo

I primi attriti seri, dopo la luna di miele seguita alla stipula del contratto di governo e il decollo del Governo Conte, risalgono a metà ottobre. Tutta colpa di una “manina” che avrebbe modificato il Dl fiscale sullo scudo fiscale per i capitali all'estero, guastando i rapporti tra M5S e Lega. Poi un crescendo di tensioni politiche tra i due alleati, di pari passo con l'andamento dei sondaggi, fino all'ultimo scontro sugli inceneritori in Campania. Da costruire, addirittura uno per provincia, secondo il leader della Lega Matteo Salvini; un regalo alle mafie, per il capo politico M5S, Luigi Di Maio, che mette in mora il collega vicepremier: «Crea tensioni nel Governo».

Guerra di parole sui termovalorizzatori
All'ultimo giro, ad accendere la miccia delle polemiche è stato il ministro dell'Interno lanciando da Napoli l'allarme sul rischio di una nuova emergenza rifiuti in Campania, e proponendo la soluzione di costruire in fretta nuovi termovalorizzatori in loco. Davvero fumo negli occhi per i 5S, che da sempre sventolano la bandiera del riuso e della differenziata per tenere sotto controllo il ciclo dei rifiuti, per di più nel collegio elettorale di Di Maio. Questo spiega l'alzata di scudi del Movimento: dal presidente della Camera Roberto Fico («Non si faranno mai»), al ministro dell'Ambiente, Sergio Costa («gli inceneritori non sono nel contratto di Governo») e quello per il Sud, Barbara Lezzi («non c'è nessun margine di trattativa»). Anche stavolta il copione non cambia: M5S compatto dietro Di Maio, il capo della Lega che insiste («chi dice sempre e solo dei “no” provoca roghi tossici e malattie»), con la tensione nel Governo alle stelle, e la quadra affidata all'ennesimo vertice a tre con il premier Conte. L'ultimo della serie è in programma lunedì 19 novembre a Caserta, per la firma del Protocollo d'intesa per un'azione urgente nella Terra dei fuochi.

Il decreto sicurezza della discordia
Negli ultimi mesi, sono davvero molti i terreni di scontro che hanno evidenziato la distanza tra i due alleati di governo. Un esempio di scuola è il decreto legge sulla sicurezza pubblica e l'immigrazione, provvedimento caro a Salvini che riscrive in particolare le norme su accoglienza e diritto di asilo. Un tema identitario della Lega, dunque, che ha suscitato molti mal di pancia nelle fila del Movimento, al punto da alimentare una fronda interna guidata dal senatore Gregorio De Falco. Dopo un duro scontro sugli emendamenti, per evitare sorprese in Aula il Governo è stato costretto a chiedere il voto di fiducia (il primo della legislatura dopo l'insediamento a giugno). All'appello nominale alla maggioranza sono mancati otto voti, dovuti soprattutto ai dissidenti m5s (Nugnes, De Falco, Mantero, Fattori e La Mura) che non hanno partecipato al voto e ora rischiano l'espulsione. Un campanello d'allarme per Di Maio, suonato non a caso sul capitolo sicurezza e immigrazione, “gestito” dal ministro dell'Interno, in una ideale divisione dei ruoli che moltiplica le tensioni invece di rafforzare il gioco di squadra tra gli alleati.

Il nodo della prescrizione
È questo il caso, a parti invertite, della riforma della prescrizione contenuta in un emendamento pentastellato al ddl Anticorruzione sponsorizzato dal Guardasigilli Alfonso Bonafede. Cioè di un tema identitario del Movimento 5 Stelle osteggiato di fatto dalla Lega che finisce sotto i riflettori negli stessi giorni del varo del decreto sicurezza. Dopo l’ennesimo, duro braccio di ferro nella maggioranza, nel corso dell'esame del ddl nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia alla Camera passa, anche grazie al voto della Lega, un emendamento M5S riformulato che introduce la sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado (punto a favore dei 5S) ma rinvia l'entrata in vigore della riforma al 2020 (punto a favore della Lega). Una pace apparente, perché nelle stesse ore lo scontro si sposta su altri due fronti. Ovvero gli obblighi di trasparenza sui finanziamenti ai partiti, norme proposte dal Movimento e ribattezzate “salva-Casaleggio”. E un emendamento del Carroccio (poi ritirato) per la revisione della norma sul reato di peculato con potenziali effetti benefici sui processi ad alcuni dirigenti del partito. Il duello M5S-Lega continua.

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