Gli stress test: ovvero, come trasformare in un business miliardario la paura delle banche di finire nel Bail In. Sembra incredibile, ma in appena 4 anni la spesa del settore bancario per affrontare e superare gli stress test ha messo in moto una giostra del denaro senza precedenti nel mondo del credito e soprattutto in quello dell’alta consulenza strategica. E più le authority rendono duri e complessi gli stress test, più sale la posta in gioco nel grande piatto delle regole bancarie. Sembra un paradosso, ma la quantità di denaro messa in moto dal sistema bancario per sostenere gli esami patrimoniali, si avvicina rapidamente al valore degli aumenti di capitale imposti alle banche bocciate nei test. Tra il 2014 e il 2018, il costo globale legato ai test è salito in modo esponenziale, toccando l’anno scorso i 20 miliardi di dollari di spesa. Le authority dicono che questo è il modo migliore per dare sicurezza ai risparmiatori e certezze ai mercati, ma i risultati sono purtroppo modesti: con esami o senza esami, i titoli del settore bancario restano la Cenerentola dei listini. Nessuno contesta le buone intenzioni dei regolatori o l’utilità delle verifiche patrimoniali, ma le criticità del sistema sono evidenti: conflitti di interesse, opacità e modelli di valutazione che non riflettono le reali e diverse rischiosità sistemiche delle banche sono da tempo nei radar del mercato. Il problema riguarda non solo le banche, ma le stesse authority: è emblematico il caso della Bce (raccontato sul Sole 24 Ore di mercoledì), che per mancanza di «tecnici qualificati» ha affidato i test del 2014 alla Oliver Wyman per quasi 25 milioni di euro e quelli successivi a McKinsey e Blackrock. Il più grande investitore internazionale nel settore bancario è anche il consulente della vigilanza.
Se gli operatori finanziari hanno ribattezzato gli esami in «Stress Test Inc.», come fossero un’impresa, una ragione c’è. Secondo i calcoli della Alm Intelligence, uno degli osservatori più affidabili sulla consulenza bancaria, la realizzazione di un programma per superare gli stress test può costare alle banche internazionali dai 50 milioni ai 250 milioni di dollari a testa dall’inizio alla fine dell’esercizio. Per i modelli di previsione, invece, i costi di adeguamento ai test variano in genere da circa 100mila dollari a oltre un milione, a seconda della loro complessità.
Più in generale, secondo i dati elaborati dalla Chartist Research di New York, i gruppi bancari e finanziari di tutto il mondo hanno speso oltre 7 miliardi di dollari tra il 2014 e il 2017 solo in tecnologie informatiche per gli stress test: per gli esami dell’anno prossimo, la spesa in tecnologie anti-stress dovrebbe aumentare del 15%.
Viste le cifre, è ora più chiaro chi vince e chi perde nel grande business dei test bancari: le società di consulenza battono tutti a tavolino. Le quattro grandi società di revisione contabile, le società di rating e soprattutto i big della consulenza strategica hanno preso letteralmente il controllo del mercato, offrendo agli istituti la «promozione chiavi in mano». Ma creando così un coacervo di interessi in conflitto e di sospetti.
Come quelli su Blackrock: pur investendo sulle banche, lavora a contratto con la Bce sui test. Per sua stessa ammissione, ha firmato contratti di consulenza con due terzi degli istituti di credito internazionali per aiutare a superare gli esami. Ma questo è niente: sulla giostra degli esami bancari c’è posto per tutti. Non solo per i consulenti “double face”, cioè le società che lavorano per il controllore e i controllati, ma persino per i consulenti dei consulenti: chi è interessato, può entrare nel business delle pagelle bancarie attraverso i «corsi di formazione agli stress test» organizzati proprio dagli stessi colossi che si spartiscono il business.
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