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Manovra: nel testo finale più tasse, meno investimenti e rischio…

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Servizio |com’è cambiata la legge di bilancio

Manovra: nel testo finale più tasse, meno investimenti e rischio crescita

Il ministro dell'Economia Giovanni Tria (Ansa)
Il ministro dell'Economia Giovanni Tria (Ansa)

L’impianto della manovra su cui si sono accese le risse di questi giorni alla Camera è molto diverso da quello approvato in prima lettura a Montecitorio solo 22 giorni fa. Le modifiche decise dal governo e ratificate nell’esame sprint al Senato non si sono limitate a cambiare il peso complessivo della legge di bilancio. Ma ne hanno modificato gli equilibri interni, a partire dai rapporti fra spesa corrente e investimenti e fra misure espansive e recessive.

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In sintesi, le novità si traducono in tre cifre chiave: un valore della manovra alleggerito ai 31 miliardi indicati dal ministro dell’Economia Tria, 7,2 miliardi di deficit nominale in meno rispetto alla versione del balcone e un effetto stimato sulla crescita ridotto a quattro decimali di Pil dai sei decimali dei primi due programmi inviati a Bruxelles. Nel frattempo, la congiuntura raffreddata ha tagliato anche i calcoli sulla crescita tendenziale, cioè quella che il Paese raggiungerebbe senza le nuove misure. Il compito delle regole approvate definitivamente è quindi di far accelerare l’economia italiana nel 2019 dal +0,6% tendenziale al +1% fissato come nuovo obiettivo dal governo, e non dal +0,9% al +1,5% scritto nelle vecchie e contestate tabelle del Mef.

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Dietro a questi numeri macro si nascondono gli effetti concreti dell’architettura ripensata della manovra. E le conseguenti nuove incognite da affrontare a Bruxelles e sui mercati a partire da gennaio. L’incrocio fra gli 1,2 miliardi di maggiori entrate prodotte dai correttivi dell’emendamento europeo (nuove tasse sui giochi, web tax, tagli a crediti d’imposta e il contestato e già parzialmente rinnegato raddoppio dell’Ires sul non profit), la crescita di base più modesta e l’effetto espansivo più contenuto produce prima di tutto l’aumento di pressione fiscale dal 42% al 42,4% illustrato dal presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio nell’audizione di giovedì a Montecitorio. E la strada scelta per riportare il deficit nominale previsto al 2% riduce di 4,6 miliardi i fondi appostati per l’avvio di reddito di cittadinanza e quota 100, e sposta quote importanti di investimenti dal 2019 agli anni successivi. Quando però sono coperti dalle maxi-clausole Iva che i leader di maggioranza hanno già detto di voler cancellare. Da qui le incognite aggiuntive.

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È sempre l’Upb a calcolare per l’anno prossimo una riduzione da 1,1 miliardi rispetto al tendenziale nei capitoli di bilancio dedicati a «investimenti e contributi agli investimenti»; il governo non ne calcola un impatto recessivo perché conta di compensare questa riprogrammazione con un’accelerata nell’utilizzo dei fondi europei, anche grazie a una norma messa in manovra che prova a imporre alle Regioni l’utilizzo prioritario di queste risorse. Ma la mossa è da provare sul campo. Mentre i timori di una crescita negativa anche nel quarto trimestre di quest’anno dopo il -0,1% fatto segnare nel terzo sollevano nuovi rischi di non centrare davvero nemmeno gli obiettivi rivisti di aumento del prodotto.

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DOCUMENTO / IL TESTO DELLA MANOVRA

Proprio su questo terreno si giocherà il nuovo confronto con la Ue, nel programma di monitoraggio costante dei conti italiani che è stato concordato dopo aver messo da parte l’avvio immediato della procedura d’infrazione. Un confronto che già a gennaio vedrà le prime discussioni sulla ricomposizione della manovra messa in campo da Roma per rientrare in saldi potabili a Bruxelles. Ma con una crescita più stentata del previsto, restare nel 2% di deficit diventa complicato, e già ad aprile i dati su gennaio-marzo daranno le prime risposte.
gianni.trovati@ilsole24ore.com

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