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Decreto sicurezza, sei Regioni pronte a ricorrere alla Consulta

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si aggiunge l’umbria

Decreto sicurezza, sei Regioni pronte a ricorrere alla Consulta

(Ansa)
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Si allarga il fronte dell’opposizione alla stretta sui diritti dei migranti imposta dal decreto sicurezza con ormai sei Regioni protese verso la Corte costituzionale. Alla Toscana si sono aggiunte le decisioni di Umbria e Emilia Romagna, mentre Piemonte, Calabria e Sardegna devono ancora votare. Nella seduta della giunta in cui è stata approvata la mozione l'assessore umbro Antonio Bartolini ha evidenziato come il provvedimento presenti profili di «palese incostituzionalità che vanno ad impattare su tutte le più importanti materie di legislazione regionale quali salute, assistenza sociale, diritto allo studio, formazione professionale e politiche attive del lavoro e l'edilizia residenziale pubblica».

Zingaretti: non chiuderemo gli Sprar
Le misure intraprese dalla giunta «sono in continuità con la tradizione millenaria di civiltà del popolo umbro, improntata ai principi di convivenza pacifica e solidarietà, sempre vicina a chi ne ha bisogno», ha spiegato la presidente dell’Umbria Catiuscia Marini. «Nessuno di coloro che vivono in Umbria verrà abbandonato al suo destino, umbri e non, con buona pace dei disseminatori di odio. Questa è la terra di San Francesco e San Benedetto, è la terra della spiritualità che si è fatta accoglienza, è la terra dell'impegno laico, civile, solidarista e pacifista». E se il Lazio valuta lo spazio per fare altrettanto alle Asl viene impartito nel frattempo l’ordine di non interrompere l'assistenza sanitaria a nessuno indipendentemente dalle sue condizioni socio-economiche. Nella legge regionale di bilancio «abbiamo stanziato 1,2 milioni di euro per non far chiudere gli Sprar», i centri di accoglienza dei migranti diffusi sul territorio, tiene a far sapere Zingaretti.

Salvini: le Regioni pensino a chi aspetta la casa
«Mi sto facendo mandare il dati sul numero di cittadini umbri, piemontesi e toscani che aspettano una casa popolare. Mi fa specie che, invece di dare la casa ai cittadini italiani le Regioni si preoccupino di migranti» è stato il commento del ministro dell'Interno Matteo Salvini in merito ai ricorsi annunciati contro il decreto. «Non vedo l'ora che se ne occupi la Consulta. Sono certo che passerà l'esame. Mi fa poi specie l'ignoranza del governatore del Lazio: il diritto alla salute è garantito a tutti». Da sei mesi a un anno è il tempo in media per una pronuncia della Consulta sulla legittimità costituzionale di una legge. Tempi che sarebbero probabilmente rispettati anche se la Corte fosse chiamata a giudicare della costituzionalità delle norme contenute nel decreto sicurezza e in particolare dell'articolo 13 che impedisce l'iscrizione all'anagrafe dei migranti richiedenti asilo. A differenza dei Comuni le Regioni possono presentare ricorsi diretti alla Corte quando ritengono che una legge statale abbia invaso materie su cui hanno competenza. C'è poi la strada alternativa della procedura incidentale: quella sollevata dai giudici ordinari o amministrativi che si trovano a esaminare un ricorso presentato dai Comuni o dai singoli migranti che si vedono respingere la richiesta di iscrizione all'Anagrafe. Anche in questo caso però i tempi per la pronuncia della Corte sarebbero sostanzialmente gli stessi.

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L’anagrafe di Palermo raccoglie richieste migranti
L'ufficio anagrafe del Comune di Palermo sta raccogliendo le istanze dei migranti richiedenti asilo che chiedono l’iscrizione per avere la residenza e c'è attesa per capire se saranno accolte sulla scorta delle indicazioni del sindaco Leoluca Orlando che ha sospeso il decreto sicurezza con una nota indirizzata al dirigente del settore, firmata il 21 dicembre e che ha scatenato la polemica con il ministro degli Interni Matteo Salvini. Da quanto si apprende al momento l'anagrafe ha appuntamenti concordati con gli utenti sino a fine gennaio mentre cresce l'attesa per l'esito della prima domanda in esame.

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