La chiamano Mafia 2.0 ma è una mafia antica, analogica anzi peggio. Una mafia debole che prova a riorganizzarsi in nome di riti antichi. Con una classe dirigente, si fa per dire, rintracciabile nelle classi medie: commercianti, piccoli imprenditori, professionisti. Una mafia che fa affari con la droga, grazie ai contatti con la ‘ndrangheta e la camorra, con il gioco online e, ovviamente, con le estorsioni. Una mafia che fa ricorso alla violenza quando non può farne a meno. Una mafia che «con questa guerra di logoramento che stiamo portando avanti nel giro di qualche anno può essere sradicata a Palermo».
Parola di Salvatore De Luca, procuratore aggiunto alla direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano, il magistrato che ha firmato le ultime grandi inchieste sulla Cosa nostra palermitana, e in particolare Cupola 2.0 e i fermi
dell’altro giorno: nel giro di sei mesi sono stati individuati e arrestati i componenti della nuova Commissione provinciale,
il futuro capo. Insomma è stata azzerata la struttura di vertice della mafia palermitana.
Sconfitta l'ala militare, finiti i Corleonesi, si dice la mafia abbia cambiato
pelle.
No, non è cambiata per nulla nei suoi elementi essenziali. Gli equilibri interni possono cambiare ma non il suo Dna: in quest'ultimo
periodo, peraltro, era stata decisa la più rigorosa applicazione delle vecchie regole, perché “vi era una certa confusione”.
Sembrava che vi fosse una strategia nel perdere queste antiche regole. Con l'idea di costruire una mafia un po' più liquida,
come si suol dire.
Assolutamente no. Il punto di forza di Cosa nostra è la sua struttura, il suo radicamento nel territorio. Per certi versi
anche un certo consenso sociale che tanto è maggiore tanto rafforza l'associazione criminale. Io non vedo né Mafia 2.0 né
la mafia trasnazionale: tutto questo viene dopo.
In che senso.
La forza di Cosa nostra è il controllo del territorio. Compresa la forza militare da cui discende la forza economica. Dopo,
in una mafia che è vincente e che si espande può venire l'attività finanziaria, l'attività trasnazionale e tutto il resto.
Una mafia forte espande le sue attività servendosi anche di colletti bianchi: può farlo anche nel campo finanziario, degli
appalti, della politica. Ma la struttura portante è quella: il radicamento sul territorio, la forza militare e quella economica
che ne discende. Indebolendo questo, logorandolo come stiamo facendo si combattono i contatti, le alleanze politiche ed economiche,
finanziarie di Cosa nostra. Perché il fulcro di un'alleanza è la convenienza per entrambe le parti. Noi, come stiamo facendo,
lavorando ai fianchi con questa “guerra” di logoramento rendiamo sempre meno appetibile allearsi con la mafia. Per cui in
alcune zone può anche essere che sia appetibile ma in altre zone onestamente il gioco forse comincia a non valere la candela.
Con ciò non si intende escludere che ci siano alleanze ed affari con colletti bianchi in corso, che ovviamente devono, e sottolineo
devono, essere duramente colpite, bensì affermare che progressivamente sul territorio della provincia di Palermo la connivenza
con la mafia diverrà sempre meno appetibile ed estesa. Cosa nostra non è il pupo che viene diretto da un terzo livello, dal
grande vecchio. Cosa nostra è una forza criminale che di volta in volta , se gli obiettivi sono comuni, può fare alleanze
ma ci deve essere un interesse reciproco.
Dunque lei dice in questa fase questo interesse reciproco non c'è.
È ridotto. Sarebbe stupido essere categorici. Ma diciamo che progressivamente può diventare sempre meno appetibile fare un'alleanza
soprattutto se il livello degli alleati è molto alto. A un livello locale, basso può essere che vi sia. Non dico che non può
essere che vi siano alleanze ad alto livello ma comincia a essere, secondo noi, meno appetibile. Cosa nostra è in forte difficoltà:
è in crisi ma questo dato va interpretato nel modo giusto. Un anno mezzo, due anni di minore attenzione da parte dello Stato
sarebbero il favore più grande da fare alla mafia. Il vero problema adesso è non sedersi e dire: possiamo dedicarci ad altro.
Dire ma ormai non è più quella di una volta e rilassarci. Se la pressione dello Stato rimarrà costante come quella attuale
io ho la presunzione di dire che a medio termine, questione di anni non decenni, Cosa nostra potrà essere sradicata dal territorio
palermitano altrimenti le consentiremo di riorganizzarsi, tornando indietro di decenni.
Parliamo di zona grigia: quali sono i rapporti oggi con i colletti bianchi?
Cosa nostra storicamente è stata ben radicata nella borghesia palermitana. E prima della zona grigia c’è proprio una borghesia
mafiosa. Possiamo tornare a quanto ho detto prima: se una organizzazione è potente conviene fare affari con essa, soprattutto
se lo Stato è un po’ latitante e quindi il pericolo di sanzioni è piuttosto remoto. Se questo scenario muta e quindi le sanzioni
giudiziarie e sociali sono molto elevate, se l’associazione criminale non può più garantire elevatissimi benefici, il colletto
bianco ci pensa due volte. Non dico che non siano possibili alleanze o non ve ne siano in atto. Dico che a poco a poco diventa
sempre meno conveniente, appetibile. Sembra quasi impossibile che Cosa nostra non abbia più rapporti con la politica, con
i colletti bianchi. Non ho detto questo, attenzione. Ho detto che progressivamente può essere sempre meno appetibile. Non
ho detto che non ci sono rapporti con la politica soprattutto con le amministrazioni locali, non ho detto che non ci sono
rapporti con i colletti bianchi. Ho detto che questa guerra di logoramento e rende sempre meno appetibile un'alleanza con
la mafia. Ai tempi del famoso Tavolino Cosa nostra era in grado di gestire, tramite alleanze con i politici, addirittura i
finanziamenti. Adesso non è che non inquinano gli appalti ma l'inquinamento di regola avviene secondo la vecchia tradizione
del subappalto, del nolo a freddo, dell'estorsione all'imprenditore. Non parliamo più della gestione, almeno a noi non risulta,
dei finanziamenti.
Le attività di Cosa nostra in questo momento sono la droga, il gioco online, le
estorsioni.
Al primo posto la droga: il grosso viene dalla Calabria e dalla Campania. Come quantità è la droga ma ancora oggi le estorsioni
sono importanti soprattutto nei momenti di crisi: i mafiosi ripartono dalle estorsioni perché non comportano particolari complessità
tecniche, non comportano l'attività di alcun colletto bianco, non comportano particolari alleanze. L'estorsione è la base
per rimettersi in piedi, rimpinguare le casse.
Ma senza violenza.
Addirittura in certe zone il capo mandamento ha dato indicazioni: non andate da chi può denunciare suscitando il malcontento
di alcuni uomini d'onore che la vedono come una deminutio. Cosa nostra tende a limitare la violenza al minimo. Ma anche qui
va detta una cosa: non è che non ci saranno più omicidi o violenze, fanno parte del Dna di Cosa nostra, ma saranno fatti eccezionali,
episodici e quando ritenuti indispensabili. Gli omicidi ci potranno essere ma saranno pochissimi, limitati e chirurgici: la
direttiva generale è quella di limitare la violenza al minimo.
Dove finiscono i picciuli (i soldi) dei mafiosi in questa fase?
In questo periodo vi sono spese ingenti date dal sostentamento delle famiglie dei detenuti che sono sempre di più e senza
questo sostentamento l'organizzazione si sgretolerebbe. Tenga conto che chi deve scontare parecchi anni di carcere può anche
stare zitto ma a condizione che la sua famiglia abbia di che vivere. E poi, come al solito, pochi hanno i soldi e molti hanno
di che sopravvivere.
Il procuratore Francesco Lo Voi ha parlato di «diversità di vedute all'interno della Commissione». All’interno di Cosa nostra
di solito la diversità di vedute si regola in un altro modo e invece in questo caso c'è proprio la dialettica.
Per ora la strategia di Cosa nostra è di attirare il meno possibile l'attenzione, attirare il meno possibile lo scontento
sociale e l'indignazione sociale. È evidente che gli omicidi non gioverebbero.
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