«Vogliamo un confronto serrato con il governo del Paese perché se Fmi, Comunità europea, Bankitalia e Centro Studi di Confindustria, tutti avvertono un rallentamento, questo non vuol dire che c'è un complotto internazionale contro l'Italia, ma un dato previsionale con cui fare i conti». È una sorta di appello quello del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, fatto nel corso della manifestazione Connext a Milano. Preoccupano, non certo poco, le proiezioni sulla crescita pesantemente riviste al ribasso dalla totalità degli osservatori.
Nel 2019 il prodotto interno lordo italiano «scenderà a +0,2%, considerevolmente meno di quanto anticipato» nelle previsioni autunnali (+1,2%) secondo la Commissione Ue nelle nuove stime che vedono un'attività economica «anemica» per la prima metà dell'anno. La revisione, la più ampia in Ue, è dovuta a un rallentamento peggiore del previsto nel 2018, incertezza di policy globale e domestica e a una prospettiva degli investimenti molto meno favorevole. «Vorremmo ricordare agli esponenti del governo che sono alla guida del Paese e non all'opposizione», aggiunge il numero uno degli industriali e «se dovessero arrivare i gilet gialli in Italia dimostrerebbero contro il governo e non contro altri».
Qualora vi fosse un rallentamento dell'economia «non si manifesterebbe la necessità di una manovra» correttiva. Perché «un eventuale sforamento se dovuto a un peggioramento del ciclo» causa «un allargamento dell'output
gap e non impatta sul saldo strutturale», parametro per valutare il rispetto delle regole Ue. È quanto sostiene il ministro dell'Economia Giovanni Tria in Aula alla Camera. Non manca la consapevolezza che serve un netto cambio di passo in tempi celeri. «Sappiamo tutti che per un Paese perdere la fiducia è facile e ricostruirla richiede tempo», quindi è «necessario scommettere
su una rapida riapertura dei cantieri dando segnale chiaro e concreto». Vanno create subito, per Tria, «le condizioni per una immediata ripartenza».
Il taglio della previsione «è spiegato per 0,6 punti dai dati peggiori del previsto per la seconda metà 2018 e per solo 0,4 punti da una valutazione meno ottimistica del profilo trimestrale di crescita nel 2019. La Commissione è quindi solo lievemente meno ottimista sulla crescita futura e ha solo preso atto dell'inatteso peggioramento ciclo economico sul finale del 2018». Ad avviso del ministro «i fattori negativi non appaiono destinati a perdurare ed esistono le possibilità per una graduale ripresa della crescita economica nel 2019».
Allo stato, nella valutazione di Tria siamo solo dinanzi a «un rischio» e a «dati preliminari». Né è stata una sopresa. «Il protrarsi della fase di contrazione del ciclo economico anche nell'ultimo trimestre dell'anno era atteso, anticipato dai principali indicatori congiunturali, in particolare la produzione industriale di novembre deludente», spiega il ministro aggiungendo spiegando che si attende domani la pubblicazione del dato di dicembre «per formulare giudizio più completo». Nell'industria si registra un «persistente e consistente calo degli ordinativi soprattutto esteri, coerente con un contesto macroeconomico meno favorevole, penalizzato da un rallentamento degli scambi commerciali internazionali che risentono delle tensioni geopolitiche commerciali». La tensione tra Stati Uniti e Cina «ha rallentato i flussi commerciali attraverso l'innesco di una crisi di fiducia più che per un concreto innalzamento dei costi legato agli aumenti tariffari, per ora inferiori a quanto minacciato dalle due parti». Tutto sommato, rimane intaccata l’aspettativa «che lo spread possa continuare a ridursi nel contesto di condizioni di mercato più distese».
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«In linea teorica Tria ha perfettamente ragione, non ci sarebbe bisogno di una manovra correttiva se aprissimo immediatamente i cantieri e la smettessimo di costruire dimensioni ideologiche su grandi opere del Paese di cui una parte è già pagata dall'Europa, attivando cantieri e quindi occupazione» annota a distanza il presidente di Confindustria commentando le parole del ministro. In cima a tutte si trova «la questione temporale, ovvero in quanto tempo facciamo le cose che diciamo e in quanto tempo vogliamo reagire, perché già i dati di gennaio ci dicono che il rallentamento è ancora in corso e ancora più incrementale, in particolare sul settore dell'automotive e dell'edilizia». Il numero uno di Confindustria ha inoltre spiegato che «siamo in un momento di emergenza in alcuni settori» e che «sarebbe il caso che il Governo, partendo proprio dalle dichiarazioni del ministro, costruisse delle contromisure e poi vediamo se sono compensative o meno e se serve altro».
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