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Ecco perché Bruxelles boccia l’Italia su debito e crescita

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Ecco perché Bruxelles boccia l’Italia su debito e crescita

L’enorme debito pubblico italiano resta in cima alle preoccupazioni della Commissione europea soprattutto «per il rischio di ricadute sul sistema bancario, sul finanziamento alle imprese e alle famiglie e, considerate le dimensioni dell’economia italiana, sull’intera area euro». La previsione del governo di un rapporto debito-Pil in calo di un punto percentuale al 130,7% quest’anno «appare irrealistica» considerato che si basa «sull’assunto di introiti da privatizzazioni pari all’1% del Pil e che tra il 2016 e il 2018 le vendite di Stato hanno prodotto entrate quasi nulle», a dispetto del target di 0,5% l’anno.

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«Considerati i rischi al ribasso per le proiezioni macroeconomiche e di deficit del governo, è molto probabile che il debito aumenti oltre il 132% quest’anno». E anche la previsione del 129,2% per il 2020 «è molto a rischio» dal momento che presuppone l’attivazione delle clausole di salvaguardia sull’Iva per l’1,2% del Pil e qualche decimale dalle privatizzazioni.

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Nella bozza del “Country report 2019” inviata nei giorni scorsi dai servizi della Commissione al ministero dell’Economia emergono tutte le criticità della situazione economica del Paese. Il debito non è l’unica, ma è la più allarmante,tanto da essere definita la «principale fonte di vulnerabilità per l’economia». In particolare, il costo elevato degli interessi, si legge nel documento che Il Sole 24 Ore ha potuto consultare, «spiazza la spesa pubblica produttiva, riduce i margini per reagire agli shock e può dare origine ad un pericoloso effetto-valanga (“snowball”, ndr.) se i tassi di interesse superassero in modo significativo la crescita nominale del Pil». In base delle proiezioni sottostanti la legge di bilancio 2019, «l’anno prossimo la spesa per interessi è destinata ad aumentare di 20 centesimi di Pil», all’incirca 3,6 miliardi di euro. Una diagnosi che, alla luce delle previsioni di crescita, lascia poco spazio all’ottimismo. Tanto da far dire agli uffici della Commissione che «i rischi di sostenibilità dei conti pubblici sono alti sia nel medio che nel lungo termine».

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Il rapporto-Paese, è uno degli strumenti di coordinamento delle politiche economiche nella Ue, il cosiddetto “semestre europeo”. La bozza è stata inviata a ciascuno Stato membro che dovrà rispondere agli uffici della Commissione nella prossima settimana per segnalare eventuali errori. Nella versione finale che sarà pubblicata a fine mese dopo l’approvazione del collegio dei commissari, saranno indicate le “CSR”, country specific recommendation, le raccomandazioni destinate a ciascun Paese.

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Oltre al peso degli interessi, sulla sostenibilità debito grava anche l’aumento della spesa pensionistica per l’invecchiamento della popolazione che «nel lungo termine richiederà un consitente aggiustamento per stabilizzare il rapporto debito-Pil». E alla luce del decreto che a gennaio ha introdotto la “quota 100”, le prospettive sui conti pubblici sono destinate «a peggiorare» con il conseguente aumento della spesa previdenziale. Ma “quota 100”, riducendo la disponibilità di forza lavoro, rischia di avere effetti negativi anche sulla crescita.

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Nessun rilievo sul reddito di cittadinanza, in attesa di valutarne l’efficacia, se non il fatto che «potrebbe incontrare qualche difficoltà nell’applicazione» e l’annotazione che, insieme alla spesa per “quota 100” incide sulla composizione della spesa pubblica, aumentando i trasferimenti sociali. In generale, si nota come le ultime riforme abbiano «posto l’enfasi su gli stimoli di breve termine alla domanda» ma in assenza di interventi «sul lato dell’offerta, più efficaci per la crescita nel lungo termine». Crescita e competitività sono ostacolate da «fattori strutturali che continuano a bloccare la produttività». Colpisce, in particolare il dato sugli investimenti, pubblici e privati: «Dalla crisi il gap con la zona euro è quasi raddoppiato». E anche quando le risorse ci sono, si fa fatica a spenderle: l’Italia è «il secondo Paese beneficiario di fondi europei» ma a fine 2018 «era ultimo nella spesa, pur avendo raggiunto gli obiettivi».

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