Articolo tratto da lavoce.info
Garantire flessibilità in uscita dal mercato del lavoro è legittimo e ragionevole. Però quota 100 è una misura che avvantaggia
solo un numero relativamente limitato di italiani. Con un costo molto alto, che si ripercuoterà sulle generazioni future.
Cresce il debito pensionistico
Garantire flessibilità in uscita a chi vuole andare in pensione prima è legittimo e ragionevole. Tuttavia, quota 100 rappresenta
una misura costosa, che avvantaggia solo un numero relativamente limitato di italiani. Infatti, non solo consente di andare
in pensione a chi ha almeno 62 anni di età e 38 di contributi. Fa di più. Conferisce loro un bonus, che li incentiva a lasciare
il lavoro. Le audizioni del presidente dell'Inps al Senato e del presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio alla Commissione
lavoro confermano queste conclusioni, già avanzate nei giorni scorsi. E ci permettono di fornire un identikit più preciso
dei possibili percettori di quota 100 – ormai ribattezzati “quotisti” – e di calcolare il bonus che otterranno.
Nella relazione tecnica, il governo prevede un costo di cassa di 22 miliardi di euro in tre anni e di oltre 45 in dieci anni. Tuttavia, ben più chiarificatore è l'aumento del debito implicito pensionistico che le misure approvate dal governo comportano. L'Inps lo calcola in 37,6 miliardi di euro. Questa è l’entità dei nuovi debiti pensionistici che quota 100 e il blocco dell'adeguamento dell'età di pensionamento alla
speranza di vita accendono a carico dello Stato. Ma è anche l'ammontare totale (in valore atteso) del bonus che viene accreditato
ai percettori di quota 100 e a chi beneficerà del blocco dell'adeguamento.
PER SAPERNE DI PIÙ / Dossier pensioni 2019
Un regalo da 20mila euro
Il bonus ai quotisti nasce dalla mancata riduzione attuariale della pensione.
Consideriamo un sessantaduenne che accede a quota 100 con 38 anni di contributi – i requisiti minimi. Senza quota 100, sarebbe
andato in pensione a quasi 67 anni. Quindi anticipa l’uscita dal mercato del lavoro di quasi 5 anni. Come si modifica l’ammontare
della pensione? Ovviamente sarà più basso di quanto sarebbe stato se il lavoratore fosse andato in pensione a 67 anni, perché
mancheranno i cinque anni di contributi che avrebbe versato continuando a lavorare. Ma è – o almeno sarebbe – necessario ed
equo considerare anche che il sessantaduenne percepirà la pensione per un periodo ben più lungo. Eppure, l'aggiustamento relativo
all'allungamento del periodo di fruizione della pensione è previsto solo nel metodo contributivo, o nel misto per la parte
contributiva. La mancata riduzione per chi è nel sistema retributivo (o nel misto per la parte retributiva) crea il bonus per i quotisti.
L’Inps fornisce una stima di questo “regalo”, parametrato a un lavoratore con una retribuzione annua di 40mila euro. Per chi,
come il nostro sessantaduenne, anticipasse di quattro anni e mezzo l'uscita rispetto alla pensione anticipata, l'aumento della
ricchezza pensionistica sarebbe pari a 20mila euro. Un bel bonus. E anche ben nascosto. Infatti, se confrontassimo la pensione
erogata al nostro sessantaduenne con quota 100, quasi 2mila euro, con quella che raggiungerebbe con altri quattro anni e mezzi
di contributi e i requisiti ordinari, ovvero 2.400 euro, penseremmo che ci sta perdendo. In realtà, grazie al fatto che versa
meno contributi e gode della pensione per un periodo più lungo, il nostro sessantaduenne ci guadagna in totale 20mila euro.
Ovviamente, l’entità del bonus varia in funzione degli anni di anticipo (generalmente da 1 a 5), del tipo di pensione (anticipata o vecchiaia) e del sistema di calcolo (retributivo o misto). I più avvantaggiati sono i lavoratori che anticipano di molti anni rispetto a un’uscita, in assenza di quota 100, con una pensione anticipata, calcolata con il metodo retributivo.
L’identikit dei quotisti
Ma chi sono i potenziali quotisti? Secondo le elaborazioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio, il 60% dei lavoratori che
avrà accesso a quota 100 nel 2019 è coperto dal (più generoso) sistema retributivo. Il 45% avrà meno di 64 anni. Quasi il
30% avrà un’anzianità contributiva inferiore ai 40 anni – e dunque, se non ci fosse quota 100, dovrebbe aspettare almeno tre
anni (due per le donne) per la pensione anticipata. Nel 74% dei casi si tratta di uomini. Secondo i dati Inps, quasi la metà
sono lavoratori dipendenti privati, mentre un terzo sono dipendenti pubblici. Il 42% risiede al Nord.
Siamo sicuri che per dare un bonus a questo gruppo di ultrasessantenni italiani siamo disposti ad accollare 37,6 miliardi
di debito pensionistico in più sulle generazioni giovani e su quelle future?
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