Nuovo tassello nella lunga (e travagliata) riforma delle finanze vaticane. Il Papa ha firmato il nuovo statuto del Revisore generale dei conti, nato sulla carta nel 2014 ma dotato di regolamento dal 2015: l’organismo, che è una sorta di “Corte di Conti” pontificia diventa a tutti gli effetti anche Autorità anticorruzione.
Lo statuto applica la convenzione Merida (Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale il 31 ottobre 2003) in vigore per la Santa Sede dal 19 ottobre 2016. Inoltre le funzioni del Revisore – sottolinea Andrea Tornielli, direttore editoriale della Santa Sede in un intervento su sito ufficiale Vatican News - sono rafforzate nell’attività di controllo dei conti dentro la Curia. Nella versione precedente era scritto che il Revisore «può richiedere agli enti e amministrazioni ... ogni informazione e documentazione di natura finanziaria o amministrativa rilevante», mentre il nuovo Statuto riformula così l’attività: Il «Revisore Generale richiede e ottiene dagli Enti e dalle Amministrazioni oggetto di revisione...», ed ha autorità quindi per accedere senza essere ostacolato a «informazioni e documenti di natura economica o amministrativa necessari al compimento della revisione». Ha inoltre competenza per svolgere «ogni altro tipo di procedura di revisione che ritiene appropriata nelle circostanze».
Più poteri di controllo verso gli enti della Santa Sede
Successivamente all’attività di accertamento, il Revisore è tenuto ad informare il Consiglio per l’Economia (quest’ultimo
vede crescere il suo peso, ndr) l’Autorità di Informazione Finanziaria e a riferire all’Autorità Giudiziaria dello Stato della
Città del Vaticano competente ogni notizia di reato individuata nel corso della propria attività. Novità quindi non di poco
contro che si inseriscono in una fase di transizione della riforma della Curia ed in particolare delle finanze vaticane, che
hanno vissuto una lunga fase di turbolenza sotto il pontificato di Francesco: nel giugno 2017 venne licenziato in tronco Libero
Milone, che era stato il primo Revisore, fatto cui ha fatto seguito un velenosa scia polemica. Da allora la carica è vacante
ed è ricoperta ad interim dal reggente Alessandro Cassinis Righini. Ora quindi c’è da attendersi a breve la nomina del nuovo
Revisore, così come quella del Prefetto della Segreteria per l’Economia, l’altro ente nato dalla riforma: da quasi due anni
il prefetto cardinale George Pell è tornato in Australia per difendersi da gravi accuse di pedofilia e il dicastero è retto
dal segretario monsignor Luigi Mistò, che potrebbe essere appunto nominato Prefetto dal Papa alla scadere formale dei cinque
anni di carica di Pell (che tra l’altro ha superato da tempo i 75 anni), a fine mese.
Più garantista la procedura sulle segnalazioni di attività anomale
Altre sono le novità nello statuto nuovo: spariscono le figure dei due Revisori aggiunti. Inoltre cambia la “governance” nella
delicata procedura delle segnalazioni di attività anomale anomale: d’ora in poi quando le riceve «Il Revisore Generale analizza
le segnalazioni e le presenta con una relazione a un’apposita commissione composta dall’Assessore per gli Affari Generali
della Segreteria di Stato, dal Prelato Segretario del Consiglio per l’Economia e dal Segretario della Segreteria per l’Economia.
La commissione esamina le segnalazioni e, quando esse presentino elementi di fondatezza, le trasmette all’Autorità competente.
Alle segnalazioni anonime non viene dato alcun seguito». Questa procedura, decisamente più garantista e collegata direttamente
agli organi di governo della Santa Sede, nella prima versione non c’era.
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