È un gelato al veleno, direbbe Gianna Nannini, questa coda del 2018 raccontata dal crollo degli ordinativi e del fatturato industriale in dicembre. C’è la conferma che, quando il mondo ha il raffreddore, l’Italia prende la polmonite; infatti, accanto alla forte contrazione dei mercati esteri, anche il mercato nazionale fa registrare una riduzione.
E, soprattutto, si staglia più netta la lunga ombra scura sulla performance dell’economia italiana del 2019. Con ogni probabilità, infatti, anche nel primo trimestre di quest’anno l’attività produttiva avrà il segno meno davanti. E non è un caso che i maggiori previsori, pur tenendo incrociate le dita e continuando a scontare un buon miglioramento nella seconda metà dell’anno, stanno proseguendo nel processo di ridimensionamento delle loro stime.
Per esempio Fitch, che il 22 febbraio ci assegnerà la nuova pagella per il debito sovrano ( oggi è BBB) ha già portato la sua previsione di crescita per l’Italia a un più 0,3 per cento, in coerenza con una valutazione che per l’intera Eurozona è scesa dal+1,7% all’1 per cento. Tra l’altro, nel suo outlook europeo l’agenzia di rating americana ha rimarcato che solo in Italia i privati che chiedono credito registrano un certo irrigidimento delle condizioni di offerta del credito.
A conferma del fatto che, accanto al rallentamento mondiale (frena la Cina, frena l’industria tedesca) noi italiani scontiamo danni autoctoni, prodotti da incertezze politiche non necessarie(sul destino italiano in rapporto all’euro, sulla legge di bilancio) che hanno fatto salire i tassi e reso più difficile l’accesso al credito per effetto del rallentamento dell’economia, provocando anche un rallentamento nella domanda di credito, come indicano gli ultimi dati Abi di gennaio.
Proprio per questo tra i previsori c’è chi, come Prometeia, ha già portato a zero la propria stima per l’anno in corso. Del resto, perfino una stima di crescita pari a zero, come ha calcolato di recente l’ufficio studi della Confindustria, presuppone che, se non in questo primo scorcio dell’anno, a partire dal secondo trimestre il paziente-economia riprenda i sensi e torni a dare qualche segnale di vita, permettendo al Pil di recuperare almeno un ritmo di aumento trimestrale dello 0,1-0,2 per cento.
Di quanto sia cruciale garantire la crescita, ai fini dell’intera tenuta del quadro macroeconomico italiano, si sono accorti subito i mercati, che hanno fatto immediatamente ripartire lo spread sui titoli pubblici. Il governo sembra invece perseverare in una strategia di rimozione della gravità del rischio–recessione.
Non resta che sperare nella saggezza della Banca centrale europea e nel pragmatismo degli esponenti del suo board, nel riconsiderare le scelte relative al Tltro o al Quantitative easing. Da questo punto di vista, prima ancora del prossimo verdetto dell’agenzia Fitch, sarà interessante ascoltare quel che dirà venerdi 22 febbraio a Bologna Mario Draghi.
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