Riusciranno i nostri eroi? Riusciranno contribuenti e professionisti a navigare nelle acque melmose di questa raffazzonata “pace fiscale”? Dove poco o nulla sembra funzionare. E dove, uno dopo l’altro, rischiano di incagliarsi molti dei dieci condoni tributari giunti pomposamente in porto tra la fine di ottobre del 2018 e l’inizio del nuovo anno.
La sanatoria multiforme si candida a diventare il nuovo tormentone di stagione. Un tormentone che andrà a sommarsi alle sofferenze per la fatturazione elettronica, ai mille dubbi irrisolti del nuovo regime forfettario, agli spesometri e agli esterometri (appesi alla solita proroga solo annunciata), alle lettere di compliance e chissà a cos’altro, dalle certificazioni uniche ai bilanci che già pretendono attenzione e che stanno portando i commercialisti sulla soglia dello sciopero. Maledetta primavera, verrebbe da dire.
Sui condoni, come molti avevano previsto, il passaggio dalla legge alla sua applicazione fa ora emergere con chiarezza tutte le contraddizioni tipiche di norme pasticciate, scritte male, senza logica e senza competenze. Così un’operazione propagandata con la volontà di dare un aiuto a una folta schiera di contribuenti si sta via via rivelando un boomerang di complicazioni e di burocrazia.
Persino il più banale degli interventi – la rottamazione d’ufficio delle cartelle fino a mille euro notificate tra il 2000 e il 2010 – rischia di incepparsi sulle obiezioni dell’Inps che attende dai ministeri competenti un chiarimento su come interpretare la soglia dei mille euro: con o senza le sanzioni? Prima o poi, naturalmente, qualcuno risponderà. Ma è singolare che persino l’Inps non sia in grado di applicare una norma di legge senza l’aiutino di una “interpretazione autentica”.
E vogliamo dire della sanatoria sugli errori formali (gettito atteso: circa 900 milioni)? Qui siamo alla magia, ai giochi di prestigio: la prima sanatoria fiscale dove nessuno, ma proprio nessuno, ha la minima idea di che cosa si debba/possa sanare. Non lo sanno i normali cittadini, e questo è comprensibile. Non lo sanno i professionisti, e questo comincia a essere più grave. Non lo sa l’amministrazione finanziaria (o, almeno, non l’ha ancora detto), e qui siamo quasi all’allarme. Ma, soprattutto, non lo sapeva neppure la “manina” che nella legge di Bilancio ha scritto la norma, e qui siamo più o meno al manicomio. Risultato: come ha ricordato Antonio Iorio sul Sole 24 Ore, la sanatoria delle irregolarità formali non interessa in concreto quasi nessuno, perché «la sanzione per violazione formale (posto che sia ancora perseguibile), per come è intesa dalle Entrate e dalla Cassazione, è l’ultimo dei pensieri del contribuente che spesso si vede perseguito per singolari interpretazioni dei verificatori che sfociano in irregolarità sostanziali irrilevanti ai fini della sanatoria».
Un caso estremo, si dirà. Non proprio. Si prenda la sanatoria dei Pvc, i processi verbali di constatazione. La sanatoria si fa pagando il 100% delle imposte contestate. Ma tutti gli operatori, diversamente da chi ha scritto la norma, sanno che molto spesso i Pvc contengono la contestazione di somme che vengono poi drasticamente ridotte. Perché perdere tempo e denaro?
A salvarsi, almeno un po’, è la nuova rottamazione. Che, evidentemente, ha saputo mettere a frutto la lunga esperienza maturata negli ultimi anni. Tutti però hanno bisogno di una bussola speciale per orientarsi tra prima rottamazione, rottamazione bis, rottamazione ter, passerella dalla bis alla ter, ripescaggio nella ter per chi non aveva pagato la bis, e poi ancora, vecchie rate, nuove rate...un delirio. Che, evidentemente, si manifesta in modo ancor più pesante nella versione speciale del “saldo e stralcio”, altra misura strillata per aiutare chi non ha pagato perché in difficoltà economica, che sembra procedere a rilento tra modelli Isee da compilare e pagamenti che, seppur con generosi sconti, sono comunque da effettuare.
Il governo dalle sanatorie si aspetta oltre 5 miliardi di maggiori entrate (in cinque anni). Ci sarà tempo per fare il bilancio dell’operazione. In genere, ai contribuenti i condoni piacciono, specie quando il percorso è lineare e non presenta esso stesso altri rischi.
Che succederà nei prossimi mesi non è facile da immaginare. Se la compagine di governo dovesse sopravvivere all’esito del voto europeo, lo scenario di una manovra di metà anno – oggi da tutti bollata come “non prevista” – non sarà forse così assurda. Ed ecco allora che la pace fiscale tornerà di attualità anche nei palazzi del governo. Qualche riapertura e proroghetta non si nega mai a nessuno. Con nuovi equilibri politici e con nuove (e pressanti) esigenze di fare cassa, la partita sarà diversa è, chissà, potrebbero anche riemergere soluzioni più corpose di sanatoria, sulle quali Lega e M5s si erano pesantemente divisi in autunno. Matteo Salvini, intanto, si è portato avanti e ha rilanciato “il saldo e stralcio” per le imprese in difficoltà. Luigi Di Maio ha nuovamente sfoderato il bastone del carcere per chi evade, che però dopo la carota dei dieci condoni non sembra avere una grande credibilità.
Qualche giorno fa, sul Sole 24 Ore, ci ha pensato Enrico De Mita a demolire la politica dei condoni: «Le sanatorie – ha scritto – non solo violano i principi fondamentali del diritto tributario costituzionale, ma convinceranno una volta per tutte i contribuenti onesti che non vale la pena osservare gli obblighi tributari. Tanto, un condono prima o poi arriva».
I condoni sono iniqui, immorali e diseducativi. Ma se la politica decide di farli, almeno li faccia bene. Per evitare il rischio che a qualcuno venga la brillante idea di inventarsi persino “il condono del condono”.
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