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Giustizia tributaria, ora più specializzazione

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L’INTERVENTO

Giustizia tributaria, ora più specializzazione

La giustizia tributaria costituisce un tassello fondamentale per il corretto dispiegarsi del rapporto fisco-contribuenti. In questa legislatura, è tornato d’attualità il tema della riforma degli organi di giurisdizione tributaria con diverse proposte di legge in campo che hanno come denominatore comune l’istituzione di un giudice più specializzato e professionale, in grado di assicurare autonomia, terzietà e indipendenza alla funzione giudicante.

I dati statistici sull’operato delle attuali Commissioni tributarie evidenziano una progressiva riduzione dei tempi medi di decisione delle controversie. Il vero “collo di bottiglia” nel giudizio tributario è attualmente rappresentato dal grado di legittimità dinanzi alla Corte di cassazione che, per l’enorme mole di ricorsi da cui è gravata, non riesce a garantire tempi di risposta altrettanto celeri. I dati dimostrano, pertanto, che la giurisdizione speciale tributaria “risolve” i suoi problemi ed è arduo sostenere che funzioni peggio delle altre giurisdizioni. Occorre migliorare l’impianto attuale, ma non stravolgerlo.

Ad avviso del Consiglio nazionale dei commercialisti, i principi e criteri direttivi che dovrebbero ispirare la riforma sono i seguenti:

1. mantenere ferma la natura speciale della giurisdizione tributaria, rinunciando definitivamente ad alcune ipotesi riformatrici di “riconduzione” delle attuali commissioni tributarie in seno alla giustizia civile ovvero a quella della Corte dei conti;

2. rendere le attuali commissioni tributarie sempre più indipendenti, assicurandone ancor meglio qualità, equidistanza dalle parti, introducendo un giudice, sempre più professionale e specializzato, che possa garantire autonomia, terzietà e indipendenza della funzione giudicante, oltre che una maggiore sua produttività;

3. trasferire la fase di reclamo-mediazione dinanzi agli organi di giustizia tributaria di primo grado in composizione, nella specie, monocratica, al fine di garantire la necessaria terzietà e indipendenza del soggetto deputato a gestire tale istituto;

4. trasferire il terzo grado di giudizio di legittimità dalla Corte di cassazione ad una rinnovata Commissione tributaria centrale, composta dai nuovi giudici specializzati nella materia tributaria, che permetterebbe di ridurre drasticamente la durata dell’ultimo grado di giudizio, mettendo in condizione la Cassazione di sfoltire il suo forte arretrato. Dinanzi al nuovo giudice speciale di terzo grado i soggetti abilitati alla difesa tecnica resterebbero naturalmente gli stessi già abilitati nei due gradi di merito;

5. prevedere negli organi giudicanti di primo e secondo grado l’istituzione di sezioni specializzate per materia o tributo (si pensi ad esempio a sezioni dedicate ai tributi locali e/o alle controversie in materia catastale);

6. prevedere per i giudici tributari l’obbligo di formazione e aggiornamento professionale continuo;

7. in aggiunta agli attuali Uffici del massimario regionali prevedere l’istituzione di un Ufficio del massimario nazionale composto dai rappresentanti del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, degli enti impositori e dei consigli nazionali delle professioni abilitate alla difesa in giudizio, quale strumento di trasparenza, garanzia ed imparzialità, che consenta alle parti di orientare le scelte, favorendo la deflazione delle liti nell’interesse della collettività.

Naturalmente, il punto centrale della riforma consiste nel delineare i requisiti professionali del nuovo giudice tributario. A noi non appassiona la disputa se i futuri organi giudicanti debbano essere a tempo pieno o essere composti, come ora, da “togati” e “non togati”. Un giudice a tempo pieno sarebbe certo preferibile, ma ciò che riteniamo imprescindibile è che nella selezione dei futuri giudici tributari sia garantita, per legge, una maggiore specializzazione e professionalità, preferendo coloro che abbiano conseguito titoli di studio e di servizio nella specifica materia tributaria e assicurando l’accesso al nuovo ruolo ai laureati in giurisprudenza ed economia.

Il tutto, preservando le professionalità oggi operanti nelle attuali commissione tributarie con un’adeguata fase transitoria.

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