Da questa mattina la Polizia sta eseguendo in diverse regioni un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 15 persone (di cui 8 in carcere, 4 agli arresti domiciliari e 3 con l'obbligo di dimora nel comune di residenza) accusate di traffico illecito di rifiuti, attività di gestione di rifiuti non autorizzata e intestazione fittizia di beni. Le indagini, condotte dagli agenti della Squadra Mobile e coordinate dalla Direzione distrettuale Antimafia, sono partite dal vasto incendio che si è sviluppato la sera del 14 ottobre 2018 in via Dante Chiasserini, tra Quarto Oggiaro e Bovisasca, a nord di Milano, e hanno consentito di disarticolare un'associazione criminale dedita allo stoccaggio e al traffico illecito di rifiuti con base in Lombardia e diramazioni in diverse regioni.
Dall'incendio del sito di stoccaggio dell'Ipb all'origine dell'inchiesta si sollevò una colonna di fumo nera alta decine di metri visibile da chilometri, e per molti giorni a seguire l'aria fu irrespirabile nella zona e a causa del vento con i miasmi che arrivarono fino al centro della città. Meno di una settimana dopo i test dell'Arpa (Agenzia per la prevenzione e protezione dell'ambiente) Lombardia evidenziarono «6.7 picogrammi per metro cubo/teq di concentrazione di diossine e furani dal secondo filtro prelevato dal campionatore installato nella zona dell'incendio». Un dato preoccupante se si considera che il limite di riferimento, fissato dall'Oms è di 0,3 picogrammi per metro cubo.
Sono centinaia i casi di incendi di capannoni riempiti abusivamente di rifiuti, soprattutto in Alta Italia, un fenomeno legato alla mancanza di impianti di riciclo dei materiali riciclabili e di incenerimento dei surplus non riciclabili.
C'è chi l'ha chiamato “guerra dei rifiuti”, immaginando una battaglia illegale per il controllo del mercato.
Chi vi vede una “terra dei fuochi” che si è estesa anche fuori dalla Campania.
Chi osserva che, causa i comitati di opposizione, non si riesce a costruire alcun impianto di riciclo: chi si oppone a inceneritori,
a rifiuti nei cementifici e a impianti di selezione e riciclo fa respirare ai cittadini la diossina degli incendi.
Sono risposte giuste ma limitate a piccoli aspetti rispetto un tema unico: mancano gli impianti per chiudere il ciclo dei
rifiuti, che si tratti di spazzatura domestica come di scarti delle attività industriali.
Sicuramente il riciclo ha molti nemici, come si è visto quando gli impianti furono paralizzati nel 2015 da una norma sui «codici specchio» che bloccò il ricupero e lo smaltimento dei rifiuti, come la denuncia alla Procura di Roma presentata in marzo 2018 da un'associazione per bloccare il riciclo della plastica dei consorzi Corepla e Conai, come è accaduto con chi vuole imporre limiti impossibili all'uso dei fanghi dei depuratori. Il gioco della malavita è reso facilissimo.
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