Nei prossimi cinque anni le imprese in Italia sono pronte ad assumere quasi 500mila tecnici, super periti, diplomati Its, laureati in materie «Stem». Già oggi il 33% delle professionalità tecniche risulta “introvabile”. Ci sarà bisogno, da qui al 2023, anche di quasi 300mila operai specializzati. Tra i colletti “bianchi” invece il mercato ricercherà, tra gli altri, 100mila ingegneri e 65mila laureati scientifici. Senza dimenticare il connubio, sempre più necessario, tra aziende e manager (per spingere l’innovazione); come pure quei lavoratori che per riorganizzazioni o ristrutturazioni aziendali hanno necessità di aggiornare o “ricalibrare” le proprie competenze per migliorare la propria occupazione, o ricollocarsi con maggior rapidità.
Insomma, nella seconda manifattura europea, ai tempi di Industria 4.0, la formazione e la spinta alla crescita sono divenuti temi centrali del rapporto tra mercato del lavoro e impresa.
«L’azienda chiede nuove competenze e maggiori pluralità di conoscenze - sottolinea Maria Raffaella Caprioglio, presidente di Umana, fra le prime agenzie per il lavoro in Italia con 133 filiali e 25mila persone ogni giorno impiegate -. E quelle stesse hard skill acquisite sono caratterizzate da un grado di obsolescenza altissimo, si consumano rapidamente. Ecco dunque che la flessibilità, la capacità di adattamento, la conoscenza del mondo dell’impresa, e soprattutto la formazione continua diventano ingredienti fondamentali per chiunque si avvicini, o voglia restare parte attiva del mercato del lavoro».
Quello che serve è un approccio di sistema, che si traduca nella definizione e nell’implementazione di policy nazionali, con declinazioni operative anche a livello territoriale, su formazione secondaria, terziaria, alta formazione, formazione continua. «Ciò tuttavia - prosegue Caprioglio - presuppone che il sistema educativo e formativo sia caratterizzato dalla contaminazione dei saperi e delle conoscenze, dall’interdisciplinarietà, da un’impostazione didattica ricca di pratiche ed esperienze sul campo in azienda. Con la nostra area orientamento, in questi vent’anni abbiamo investito molto nel rapporto con le università e con la scuola, erogando migliaia di ore di formazione, e abbiamo progettato Academy aziendali; Umana è anche partner attiva di 22 fondazioni Its in tutto il territorio nazionale».
Il punto è che la formazione deve restare una sorta di “pietra d’angolo” che consente alle imprese di crescere e alle persone di accedere o restare in un mercato del lavoro sempre più mutevole e competitivo.
In quest’ottica, un ruolo centrale lo gioca Fondimpresa, il fondo interprofessionale per la formazione continua di Confindustria, Cgil, Cisl e Uil (oltre 196mila aziende aderenti, 4,6 milioni di lavoratori), che, da anni, finanzia la formazione dei lavoratori nelle aziende aderenti e promuove la cultura della formazione come strumento essenziale per innovazione, sviluppo, tutela dell’occupazione, valorizzazione del capitale umano.
«Ormai da tempo abbiamo voluto tastare il polso di quella che è la situazione attuale delle grandi imprese e grazie a loro abbiamo ampliato la nostra visuale, non solo alla necessità di figure professionali 4.0, ma a rendere innovativo il percorso di formazione - racconta Bruno Scuotto, presidente di Fondimpresa -. Abbiamo preso consapevolezza che non c’è soltanto bisogno di formare profili professionali 4.0, ma bisogna pensare a percorsi formativi 4.0. La nostra formazione è ancora troppo legata alle ore in aula, invece bisogna digitalizzare il percorso. Immagino processi di formazione innovativi, con piattaforme fruibili da tutti i lavoratori in maniera più immediata e anche con una immediatezza delle competenze acquisite». Così il “conto formazione digitale” si affiancherebbe al “conto formazione delle imprese”, dove ci sono fondi da spendere in ore formazione a scelta dell’azienda, e al “conto di sistema”, che permette l’accesso ai fondi anche alle imprese con minori disponibilità.
Affinché la formazione digitalizzata diventi realtà, prosegue Scuotto, «bisogna adeguare la normativa, fatta per una rendicontazione di attività formative legate all’aula e al cartaceo, creando un sistema di rendicontazione anche per questa tipologia di attività».
Ma di quali contenuti formativi c’è bisogno? «A Connext abbiamo annunciato l’Active customized training - risponde Silvano Mottura, dg di Ebano, realtà riconosciuta in Italia nel mercato della formazione a distanza attraverso la propria controllata Cef Publishing, che da 10 anni progetta e realizza corsi professionali nel settore consumer utilizzando la propria piattaforma di social learning -. L’obiettivo è rispondere alle esigenze delle aziende, che richiedono nuovi processi e prodotti formativi customizzati ed altamente innovativi, per lo sviluppo del proprio business. L’Active Customized Training amplia ed integra la piattaforma di e-learning con l’utilizzo delle interactive technologies che permettono di valorizzare e nutrire una cultura formativa con interazioni “naturali” che riducono i tempi di apprendimento e massimizzano l’impatto dei contenuti appresi, assegnando all’utente un ruolo attivo nel processo formativo».
Non solo formazione. Guardando l’altra faccia della medaglia, per fare il salto di qualità, è fondamentale anche la figura del manager.
«Più della metà dei manager e degli imprenditori intervistati nell’ambito dell’instant survey realizzata dall’Osservatorio di 4.Manager a Connext - evidenzia Stefano Cuzzilla, presidente di 4.Manager e Federmanager - ritiene che le imprese abbiano bisogno di essere potenziate sul piano della managerialità. Il 69% del campione ritiene che il contributo specifico che i manager possono dare allo sviluppo delle imprese italiane è la spinta all’innovazione. Significa che viaggiamo insieme nella stessa direzione, tutti consapevoli che sarà proprio sulla partita dell’innovazione che si giocherà il futuro delle imprese italiane».
Per questo, nella piazza di Connext, 4.Manager ha dato voce ad alcune testimonianze di successo di imprese che sono diventate più competitive avvalendosi di un manager nei settori della finanza, dell’internazionalizzazione e dell’innovazione. Il manager del futuro deve fungere da connettore di persone e di processi, anticipare in modo creativo le tendenze del mercato, integrare trasversalmente tecnologia e competenze, attraverso la combinazione di hard e soft skill. Gli imprenditori, invece, devono essere i promotori del cambiamento perché le imprese che si avvalgono dei manager riescono meglio a cogliere le opportunità offerte dai processi di digitalizzazione.
«L’auspicio - chiosa Cuzzilla - è che le testimonianze raccolte possano diventare delle best practice replicabili in tutto il sistema».
© Riproduzione riservata