Un maxi-sciopero di giovani, dalla California alla Nuova Zelanda, con un avversario in comune: la «crisi climatica», il surriscaldamento dell’atmosfera che sta stravolgendo gli ecosistemi e minacciando la salute di milioni di cittadini. Si sta parlando di Fridays for Future, l’iniziativa lanciata su scala globale dalla 16enne svedese Greta Thunberg per contestare il vuoto di politiche di contrasto all’emergenza del climate change, il cambiamento climatico.
La m0bilitazione arriverà anche in Italia, dove studenti di scuole superiori e università scenderanno nelle piazze di tutto il paese per chiedere una risposta politica alla degenerazioni delle condizioni ambientali. L’associazione Legambiente, che ha aderito allo sciopero, registra in tutta la Penisola 140 eventi in oltre 100 località diverse. Un record di manifestazioni su scala mondiale, secondo solo ai numeri messi a segno dalla Germania (190). Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sposato indirettamente la causa, spiegando che il mondo si trova «sull’orlo di una crisi globale».
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Chi è Greta Thunberg, l’adolescente che guida il «climate strike»
Fridays for future, ricorda lo stesso sito del movimento, è nato nell’agosto del 2018, quando la studentessa Greta Thunberg
ha iniziato una protesta di tre settimane di fronte al Parlamento svedese contro «l’assenza di azioni sulla crisi climatica».
Il sit-in ha iniziato a rimbalzare sui social grazie alle cronache della stessa Thunberg, diffuse via Twitter e Instagram.
Da settembre dell’anno scorso il suo sciopero si è trasformato in appuntamento fisso, portando la giovanissima attivista tutti
i venerdì di fronte alla Camera di Stoccolma con un cartello che immortala il suo slogan: Skolstrejk för klimatet, Sciopero della scuola per il clima.
Il caso ha ispirato suoi coetanei su scala internazionale,dando il via a 300 manifestazioni simili in 30 paesi in tutto il mondo. Nel dicembre 2018 Thunberg è stata invitata a parlare a COP24, il vertice delle Nazioni unite sul clima che si è tenuto a Katowice (Polonia), lanciando un atto di accusa contro le «ipocrisie» dei leader presenti e insistendo per la stesura di un piano di azione collettivo. Il summit si è concluso con un nulla di fatto, visto che l’intesa raggiunta non è andata oltre un «regolamento di applicazione» dell’accordo di Parigi del 2015. Da allora Fridays for future è cresciuto fino alla mobilitazione globale del 15 marzo. Thunberg è tra i nomi candidati al Nobel per la Pace nel 2019.
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Cambiamento climatico: la situazione è grave? Sì
L’azione dimostrativa dei Fridays for future rialza l’attenzione su un’emergenza che si aggrava a ritmi inquietanti. Uno
studio della World Meteorological Organization, l’organizzazione meteorologica mondiale, ha evidenziato che il livello delle
emissioni di CO2 ha raggiunto «un nuovo picco record» nel 2017, con tutte le conseguenze più tangibili: cambiamento climatico,
innalzamento dei livelli del mare, acidificazione degli oceani (un cambiamento della composizione chimica dell’acqua che danneggia
l’ecosistema) e fenomeni metereologici estremi, dalle trombe d’aria alla siccità. Il riscaldamento climatico provocato dai
gas a effetto serra è cresciuto del 41% dal 1990 ad oggi, mentre i livelli di concentrazione di anidride carbonica sono comparabili
solo a quelli della Terra di di 3-5 milioni di anni fa (quando la temperatura era superiore di circa 2-3 gradi centigradi
e il livello dei mari viaggiava su 10-20 metri sopra a quello attuale). Senza dimenticare le conseguenze di sprechi e gestione
inefficiente dei rifiuti, come nel caso delle tonnellate di plastica depositate nell’Oceano.
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Unreport delle Nazioni Unite ha stimato un totale di circa 12,6 milioni di vittime dei «danni ambientali» nel 2012, l’equivalente di quasi un quarto del
totale delle morti registrate quell’anno. Lo scenario è destinato a complicarsi ancora “grazie” all’incrocio di fattori come
la crescita demografica e la migrazione verso i centri urbani. Sempre secondo le Nazioni Unite, la popolazione globale potrebbe
raggiungere gli 11,2 miliardi di persone entro il 2100, concentrandosi per il 68% nei centri urbani entro il 2050.
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