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le misure per la crescita

Confcommercio: rischio aumento Iva, un macigno da 52 miliardi per l’Italia

«Serve un percorso rigoroso per disinnescare il rischio dell’aggravio Iva da 52 miliardi per il prossimo biennio». E va in messo in campo subito, a partire dall’ormai prossimo Documento di economia e finanza. La discussione sul Def 2020 è già incandescente e Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, dal forum di Cernobbio soffia sul fuoco.

Per quest’anno l’Ufficio studi dell’organizzazione prevede Pil e consumi in crescita dello 0,3%, mentre per il 2020 il Pil dovrebbe avanzare di mezzo punto. A condizione che non scattino le clausole di salvaguardia Iva, che si tradurrebbero in un extraprelievo da 382 euro a testa o di quasi 900 euro a famiglia (secondo le stime del centro studi di Confcommercio). Per dare ossigeno al Def, Sangalli propone di rimettere in moto la crescita sbloccando i cantieri («sono oltre 100 miliardi programmaticamente disponibili nel nostro bilancio pubblico»), e suggerisce di «misurarsi fino in fondo con i nodi della spending review», oltre che con la «dismissione di patrimonio immobiliare pubblico» e del «contrasto e recupero di evasione ed elusione fiscale».

Ma bisogna agire in fretta, anche per evitare che la discussione si perda nel dibattito elettorale in vista delle Europee del 26 maggio.

Dal Forum di Cernobbio, che proseguirà fino a sabato, Confcommercio vara anche tre proposte per provare a sfruttare maggiormente le “occasioni mancate” dell’integrazione europea. «La prima – dice Sangalli – è l’esclusione degli investimenti pubblici cofinanziati dai fondi europei dal computo del deficit rilevante ai fini dei patti di finanza pubblica europea. Sono temi rispetto ai quali il terziario di mercato che Confcommercio rappresenta può svolgere un ruolo determinante».

La seconda proposta va nella direzione del sostegno al «completamento – dice Sangalli – dell’Unione bancaria, che agevolerebbe la circolazione dei capitali ed attuerebbe squilibri di credito e di investimenti».

La terza proposta, infine, riguarda la messa in campo di un’efficace web tax europea: «L’accantonamento deciso in sede Ecofin, lo scorso 12 marzo, e il semplice rinvio alla definizione di un accordo internazionale in sede Ocse dimostrano come su questo tema l’Europa rischia di rinunciare al proprio ruolo di assicurare il principio stesso mercato, stesse regole».

Secondo il rapporto “L’euro compie 20 anni”, presentato oggi a margine dei lavori del Forum di Confcommercio, fin dall’introduzione dell’euro l’attenzione si è concentrata sul rapporto deficit/Pil, mentre è rimasto sullo sfondo il problema del debito dei diversi Paesi e della sua sostenibilità. «Nel 1999 – spiega Mariano Bella, responsabile dell’ufficio studi di Confcommercio - nella media dell’Eurozona a composizione attuale il valore del rapporto debito/Pil si attestava al 70,7% (Belgio, Italia e Grecia registravano valori superiori al 100%), mentre nei Paesi non aderenti all’euro il rapporto si fermava, nel complesso, al 44,9%, soprattutto per il basso livello registrato nel Regno Unito (42,2%). Nel 2017 era salito all’88,9% per l’Eurozona, con quello dell’Italia salito al 131,2% (109,7% nel 1999) e al 67,6% per i Paesi non euro. Il problema è la mancata crescita in Italia, fermo negli ultimi 20 anni a un media annuale di un decimo punto, contro l’1,4% dell’area Ue. Una stagnazione che si riflette sui consumi, praticamente invariati nel periodo».

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