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5/10 Il decreto Crescita 2019: addio alla mini-Ires

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    APPROVATO «SALVO INTESE»

    Dalle multe all’Imu sui capannoni, ecco le novità del decreto crescita

    Alla fine il via libera del governo, dopo un acceso Consiglio dei ministri durato oltre tre ore, è arrivato. Ma quello al decreto crescita è stato un via libera «salvo intese», il che significa che il testo non è definitivo ma subirà modifiche e integrazioni. Un articolato, quello del provvedimento su cui punta l'esecutivo giallo verde per rilanciare una crescita al palo, che ha imbarcato undici nuove norme presentate dallo Sviluppo economico, acquisendo la parvenza di una “decreto omnibus”. Cinquanta disposizioni in tutto, che spaziano dal pacchetto fiscale, con il ritorno dei superammortamenti e dall'aumento progressivo della deducibilità dall'Ires e dall'Irpef dell'Imu pagata per i capannoni alle tutele per il Made in Italy, dal prestito ponte di Alitalia agli incentivi per il rientro dei cervelli, all'immunità limitata a manager e commissari dell'Ilva. Il decreto ha perso il dossier più delicato: quello sui rimborsi ai risparmiatori, rinviato alla prossima settimana. Ecco alcuni dei punti principali del provvedimento.

    5/10 Il decreto Crescita 2019: addio alla mini-Ires

    Addio alla mini-Ires ossia lo sconto di 9 punti percentuali dell'aliquota Ires (dal 24 al 15%) sugli investimenti in beni strumentali e in nuove assunzioni introdotta con l'ultima legge di bilancio. Il governo rivede la sua posizione anche alla luce del gelo con cui le imprese hanno accolto la mini-Ires fin dal primo momento e propone una nuova versione dello sconto Ires prevedendo un taglio progressivo di 4 punti percentuali per gli utili reinvestiti e lasciati in azienda. Si parte da subito con uno sconto dell'aliquota dell'1,5% che colloca il prelievo sul reddito delle imprese al 22,5% con uno sconto in termini di competenza, stimato dalla Ragioneria , in 989 milioni di euro. Il taglio dell'Ires proseguirà di un altro punto e mezzo sia per il 2020 e il 2021 per attestarsi rispettivamente al 21,5% e al 20,5% per stabilizzarsi al 20% nel 2022 e una riduzione del prelievo di 2,5 miliardi di euro a regime.

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