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Si vedrà oggi l’aria che tira. È convocata la riunione del tavolo tecnico al ministero dell’Interno sull’attuazione dell’ultima
direttiva Salvini con Polizia di Stato, Guardia Costiera, Guardia di Finanza e Marina Militare. Un consesso in attività da
anni per coordinare l’attività in mare. L’esito dell’incontro sarà un indice della possibilità di risolvere il conflitto tra
i vicepresidenti del Consiglio della Lega, Matteo Salvini, e di M5S, Luigi di Maio. Tutto politico, rischia però di avere
ripercussioni non da poco. Il Viminale, tuttavia, «esclude dissapori, polemiche o malumori anche per la direttiva diffusa
ieri».
I controlli a raffica su nave Jonio
L’ultima direttiva di Salvini inviata ieri ai vertici di Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Arma dei Carabinieri, Marina
Militare, Guardia Costiera, per conoscenza al Capo di Stato maggiore della Difesa, è un testo mirato sulla nave Jonio della
Ong Mediterraneo, leader Luca Casarini. Il documento, tra l’altro, deve essere notificato proprio alla nave, ora in mare verso
le coste libiche con l’obiettivo dichiarato di soccorrere i migranti in fuga da Tripoli. La direttiva alle forze armate e
di polizia “dispone di vigilare” sul rispetto delle norme di ogni genere, nazionali e internazionali, da parte dell’Ong. Dal
testo emerge l’intenzione di Salvini di colpire ogni violazione delle regole di navigazione così come delle caratteristiche
e funzioni dichiarate dal mezzo navale. La direttiva lo ripete più volte. Non sarà un caso.
Il conflitto sulle acque internazionali
Quella di ieri è la quarta direttiva di Salvini – dopo quelle del 18 e 28 marzo e del 4 aprile – sempre indirizzate anche
alla Difesa. Il Viminale ricorda e sottolinea di essere «autorità nazionale di pubblica sicurezza» con i poteri di coordinamento,
in questo ruolo, anche delle forze militari: come la Guardia Costiera che fa capo alla Marina Militare e alla Difesa, oltre
al ministero Infrastrutture e Trasporti. Il punto critico, per la Difesa, è aver voluto con la direttiva dettare compiti di
controllo su difesa e sicurezza in mare anche nelle acque internazionali. Dove i militari, secondo questa tesi, non possono
prendere ordini da Salvini ma solo dalla gerarchia delle Forze armate fino al ministro Trenta. Lo Stato maggiore Difesa sottolinea
che «le Forze Armate sono uno strumento tecnico operativo al servizio del Paese e che ogni attività», dice il comunicato,
si svolge «secondo la prevista linea gerarchica».
Lo scontro sui ruoli in mare
Sullo sfondo c'è una ruggine emergente tra le amministrazioni coinvolte nel tavolo di discussione per il riordino di ruoli
e competenze in mare. Al Viminale è da sei mesi in corso un confronto sulla riscrittura di ruoli, funzioni e competenze delle
forze coinvolte nel contrasto all'immigrazione irregolare: Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Marina militare e Guardia
Costiera, oltre ai Carabinieri. Va riscritto il decreto interministeriale (Interno di concerto con Difesa, Economia e Finanze,
Infrastrutture e Trasporti) del 14 luglio 2003. L'input è partito il 10 ottobre scorso con la convocazione di un Cnosp-comitato
nazionale ordine pubblico e sicurezza, presieduto da Salvini con tutti i vertici di polizia, di Marina militare e Guardia
Costiera, partecipò anche l'allora capo di Stato maggiore della Difesa, Claudio Graziano, poi sostituito da Enzo Vecciarelli.
L’obiettivo strategico del ministro dell’Interno è di rafforzare il ruolo di coordinamento della Polizia di Stato e di “polizia
del mare” della Gdf. Ma la piega presa nei lavori non è piaciuta per niente alla Marina militare. I lavori vanno a rilento.
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