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Dalle mucillagini all’eolico, vita e relazioni del professor Arata

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CASO SIRI

Dalle mucillagini all’eolico, vita e relazioni del professor Arata

Nell’estate del 1989 l’Adriatico venne invaso dalle alghe: una sciagura per la stagione turistica delle tantissime località di mare che si affacciano sul tratto di costa interessato dal fenomeno, dal Friuli Venezia Giulia alle Marche. Il Governo guidato da Giulio Andreotti (il suo settimo e ultimo) si riunì alla vigilia di Ferragosto per correre ai ripari: per affrontare la crisi delle mucillagini l’allora ministro dell’Ambiente, il socialista Giorgio Ruffolo, nominò un commissario. La scelta cadde sul direttore generale dell’Icram (Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare, poi confluito nell’Ispra), l’allora 39enne Paolo Arata. Lo stesso che, trent’anni dopo, è indagato per corruzione (a Roma) e trasferimento fraudolento di valori (a Palermo) nell’ambito dell’inchiesta che ha coinvolto il sottosegretario leghista, già giovane craxiano, Armando Siri. A lui il professore esperto di ambiente avrebbe dato (o promesso di dare) trentamila euro in cambio della modifica di un norma nel Def sugli incentivi all’eolico per favorire l’imprenditore Vito Nicastri (suo socio occulto, agli arresti domiciliari per l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, considerato il finanziatore della latitanza di Matteo Messina Denaro).

I dubbi sul curriculum
Classe 1950, originario di Genova (dove ha casa, oltre che a Roma e Castellamare del Golfo), una laurea in biologia, primo impiego da ricercatore nel centro Enel di Piacenza, Arata ha da sempre una notevole capacità di intessere relazioni, come hanno potuto appurare i magistrati della Procura di Palermo attraverso le intercettazioni. Anche la sua carriera da funzionario pubblico, cominciata all’Icram, secondo alcuni, sarebbe dovuta più ai suoi rapporti con la politica, sponda Partito socialista, che a meriti scientifici. È quello che lasciava intendere in un’interrogazione parlamentare nel novembre del 1982 il senatore del Pci, Paolo Guerini, che chiedeva all’allora ministro della Marina mercantile «quali siano i requisiti professionali nel campo della biologia marina, della pesca e della ricerca applicata di Arata Paolo per ricoprire l’incarico di direttore di un istituto che (...) è destinato a diventare uno dei più prestigiosi d’Italia» e «quali titoli siano stati valutati e quali lavori scientifici siano stati pubblicati su riviste del ramo». Oltre che da parte comunista Arata, diventato commissario straordinario per l’emergenza nell’Adriatico, finirà sotto gli strali anche dei missini che nell’estate del 1993, con dettagliata interrogazione del deputato Antonio Parlato, mettono in discussione il suo curriculum avanzando l’ipotesi che invece che insegnante di biologia marina nelle università di Tunisi, Algeri e Tripoli avrebbe svolto in realtà lavoro di sub. Arata è stato presidente dell’Aiasub (l’Associazione italiana archeologi subacquei, nata nel 1994).

Il passaggio a Montecitorio
L’incarico di commissario per l’Adriatico regala ad Arata visibilità. Così, quando un movimento politico appena nato è alla ricerca di nomi da mettere in lista per le elezioni del 1994, il professore genovese che andava in televisione (da Mino Damato nella trasmissione di Raitre “Alla ricerca dell’Arca”) a spiegare come aveva risolto l’eutrofizzazione del mare attraverso le barriere antialghe disseminate lungo la costa riportando i tedeschi a Rimini e Riccione, viene scelto da Forza Italia. Arata risulta eletto in Toscana (proporzionale) per una legislatura che si dimostrerà però molto breve: appena due anni che però gli garantiscono un assegno vitalizio da 2.123 euro (prima della riforma voluta da M5S che ha ricalcolato gli assegni). Di quella esperienza a Montecitorio non rimane molto: oltre alla foto in bianco e nero sulla scheda del portale storico della Camera, sei progetti di legge per lo più su materie ambientali e l’incarico di presidente del Comitato interparlamentare per lo sviluppo sostenibile. Segretario generale dell’organismo è un altro simpatizzante socialista: Valter Lavitola, futuro editore e direttore dell’Avanti! che, anni dopo, verrà condannato per una truffa sui contributi all’editoria, oltre che per il tentativo di estorsione nei confronti di Silvio Berlusconi. Di quel comitato si parlerà in uno dei processi a carico di Lavitola: «Aveva dei bellissimi uffici a Montecitorio - raccontò Raffaele Panico, giornalista dell’Avanti -. Lavitola mi diceva che questa attività gli serviva per coprire le sue “tarantelle”, intendendo riferirsi alle varie attività economiche che aveva in corso».

L'intervento di Paolo Arata al convegno della Lega

I contatti siciliani
L’esperienza da deputato frutterà ad Arata soprattutto rapporti con colleghi di partito che risulteranno utili nella sua terza vita, quella da piccolo imprenditore nel campo dell’eolico con quattro società che fanno a lui riferimento (Etna, Solcara, Alqantara e Solgesta). Tra le relazioni con ambienti politici regionali e nazionali, accertati dai pm nell’indagine emersa giovedì, spiccano infatti quelle con l’assessore siciliano all’Energia «grazie all’intervento di Gianfranco Miccichè, a sua volta contattato da Alberto Dell’Utri, fratello di Marcello». Miccichè, ora presidente dell’Assemblea regionale siciliana, come Arata era deputato forzista nella XII legislatura, mentre Marcello Dell’Utri (che oggi sconta una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa) sedeva al Senato.

Alla corte di Salvini
Le tracce politiche di Arata si perdono per un po’ fino a riemergere nel 2017: la Lega è ora guidata da Matteo Salvini e il professore genovese si accredita come consulente per le materie ambientali, colui al quale verrà affidato il compito di scrivere il programma del Carroccio sull’energia. Il 16 luglio di quell’anno a PiacenzaArata partecipa al convegno leghista “Facciamo squadra!” dove delinea gli obiettivi della politica energetica: «Bisogna riprendere in mano la questione energetica che oggi è gestita da Enel ed Eni». Il suo referente è Siri, genovese come lui, giornalista ex Mediaset, teorico della “flat tax” diventato sottosegretario alle Infrastrutture nel governo giallo-verde proprio grazie alle pressioni fatte da Arata (il ministro Danilo Toninelli, M5S, a seguito dell’inchiesta ha però congelato le sue deleghe).E Siri contraccambia. O, almeno, ci prova: lo scorso marzo lancia l’idea di un commissario nazionale per l’emergenza infrastrutture e per l’incarico fa proprio il nome di Arata per il suo passato da commissario per l’Adriatico. «Assolse il suo compito egregiamente - lo elogia Siri - , avendo a disposizione pieni poteri. Un lavoro straordinario. Non ci fu una sola contestazione da parte della Corte dei conti o della magistratura». Era il tentativo di dare ad Arata una seconda possibilità dopo che l’estate scorsa era sfumata un’altra nomina: la Lega aveva indicato il professore genovese per la guida dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambienti (Arera). Non se ne fece però nulla: ad agosto, su proposta del ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, il Consiglio dei ministri nominò presidente dell’autority Stefano Besseghini.

Padre e figlio
Il grande attivismo di Arata non è rimasto senza frutti. Venerdì è emersa la circostanza che uno dei suoi figli, Federico (non coinvolto nell’inchiesta) è stato ingaggiato dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, con un contratto (in corso di registrazione alla Corte dei conti) per il Dipartimento di programmazione economica. La Lega si è affrettata a diffondere il curriculum di Arata junior per dimostrare che è «persona preparata»: ha frequentato il liceo francese Chateaubriand di Roma, poi la laurea alla Luiss e master a Parigi, Londra e Torino. Attualmente lavora nella Sturgeon Capital (società di investimenti che opera tra Londra e il Pakistan) ma il suo merito è politico: c’è lui dietro l’incontro nel 2017 tra Donald Trump e Matteo Salvini e la trasferta di Steve Bannon (ex stratega del presidente Usa) a Roma. Un bel salto per la famiglia Arata: anche il padre era stato nel maggio del 1990 a Palazzo Chigi per incontrare l’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, l’andreottiano Nino Cristofori. Argomento: linee di intervento predisposte dal governo per eventuali nuovi episodi di emergenza mucillagine.

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