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RIUNIONE DEL CDM FINITA NELLA NOTTE

Alta tensione nel governo, sul salva-Roma vince la Lega. L’ira di Conte

Dopo circa quattro ore è terminato uno dei Consigli dei ministri più tesi del Governo giallo-verde. La riunione, alla fine, vede il vicepremier Matteo Salvini ottenere quanto aveva annunciato prima del Cdm alle telecamere: lo stralcio di gran parte della norma «salva Roma» dal decreto crescita, in particolare dei commi 2,3,4,5 e 6.

Ma le scorie della riunione non finiscono qui. Il M5S perde in Cdm ma annuncia battaglia in sede di conversione in legge del decreto e avverte il leader della Lega che non farà sconti sulla vicenda Siri.

La riunione a Palazzo Chigi, convocata per le 18, è prima slittata alle 19 e poi cominciata alle 20. Ma presenti in quel momento erano soltanto i ministri della Lega, Matteo Salvini in testa, e solo tre Cinque Stelle. Con Luigi Di Maio assente per registrare il programma Di Martedì su La7. Un forfait che ha mandato su tutte le furie il vicepremier leghista.

L’ANALISI / Salvini-Di Maio, aria di crisi. Ma non hanno alternative

«La norma salva Roma è stata stralciata e rientrerà in un provvedimento ad hoc assieme alle misure per altri Comuni in difficoltà», come Catania, Alessandria e Savona, ha così annunciato Salvini uscendo da Palazzo Chigi durante la fase iniziale del Cdm. Una prova di forza che ha irritato Conte e che il M5S ha smentito subito. Di Maio a quel punto si è precipitato al Cdm. Da lì, intorno alle 21, il Consiglio è decollato davvero. I commi stralciati dall'articolo del dl crescita sul Salva Roma disciplinano la possibile assunzione a carico del bilancio dello Stato degli oneri derivanti dal pagamento degli interessi e del capitale delle obbligazioni del Comune «attualmente inclusi nella massa passiva della gestione commissariale per il piano di rientro del debito pregresso della capitale». Gli oneri, si legge nella relazione tecnica all' ultima bozza del decreto, ammontano a 74,8 milioni annui dal 2020 al 2048 e sono posti a carico di un Fondo presso il Mef.

Un tentativo di mediazione è arrivato dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che ha ricordato come il “salva Roma” - che chiude dal 2021 la gestione commissariale del debito da 12 miliardi della Capitale per scongiurare una possibile crisi di liquidità e ridurre i costi rinegoziando i mutui in essere - sarebbe «a costo zero». Posizione peraltro inizialmente avvalorata dalla stessa Lega, come hanno fatto trapelare i Cinque Stelle rendendo noto uno scambio di mail interno all’Economia, alla vigilia della prima approvazione «salvo intese» del 4 aprile, da cui si evince il via libera alla norma da parte del viceministro Massimo Garavaglia. La Lega però ha ribadito il suo “no”, anche dopo il chiarimento di Tria. Ambienti vicini a Salvini hanno insistito: «Non ci sono cittadini o Comuni di serie A e di serie B» e che «i romani meritano di più, non una norma salva Raggi».

Tra il nulla osta di Garavaglia e lo stop di martedì è scoppiato il caso Siri. Per i Cinque Stelle non c’è alternativa alle immediate dimissioni del sottosegretario alle Infrastrutture indagato per corruzione a Roma e a Palermo insieme al professore e faccendiere Paolo Arata, legato a doppio filo con l’imprenditore dell’eolico inquisito per mafia, Vito Nicastri. Di Maio lo ha ripetuto in Tv, dopo che il blog delle Stelle ha pubblicato quattro domande alla Lega, chiedendo chiarimenti su Siri, sui suoi rapporti con Arata e sull’assunzione del figlio Federico a Palazzo Chigi da parte del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti.

Ma Salvini ha tenuto il punto: «Siri resta al suo posto. Abbiamo piena fiducia nell'efficienza e nella rapidità della magistratura italiana. Detto questo, in uno Stato di diritto si è colpevole se si è condannati non se si finisce sui giornali». L’avvocato di Siri, Fabio Pinelli, ha fatto sapere che l’esponente leghista è «pronto a chiarire, qualora fosse ritenuto necessario o anche solo opportuno, nelle rispettive sedi istituzionalmente competenti». Entrambi i vicepremier, nonostante le tensioni alle stelle, hanno però rassicurato sulla tenuta del Governo. Ma ancora alle 23.30 da Palazzo Chigi nessuna fumata bianca.

Nessun problema, invece, dopo le polemiche delle ultime settimane, sulle altri parti del decreto crescita, su cui l'accordo tra M5S e Lega tiene. In particolare sulle norme sul rimborso dei cittadini truffati dalle banche, altro capitolo chiave del provvedimento: in arrivo il cosiddetto "doppio binario" concordato a inizio aprile con la maggior parte delle associazioni dei risparmiatori colpiti dai crack bancari. L'indennizzo arriverà automaticamente (senza ricorso ad alcun arbitro terzo) ad obbligazionisti ed azionisti con 35mila euro lordi di reddito imponibile o 100mila euro di beni mobiliari. Per tutti gli altri casi sarà invece previsto il ricorso a un "arbitrato semplificato" da una tipizzazione delle violazioni massive, davanti ad una commissione ad hoc di 9 esperti.

Il decreto crescita è ormai un "omnibus": prevede tra l’altro il taglio dell'Ires per le imprese, l’estensione a tempo indeterminato del prestito «ponte» concesso ad Alitalia, la maggiorazione della deducibilità dell’Imu, il super-ammortamento per i beni strumentali, e la semplificazione del fondo di garanzia per le Pmi. Un pacchetto di interventi, che secondo il Def, insieme allo sblocca cantieri vale lo 0,1 % del Pil.

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