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verso il voto

Elezioni amministrative, liste M5S in corsa solo nel 7% dei municipi

Non solo europee. Il 26 maggio andranno al voto 3.668 Comuni nelle regioni a statuto ordinario, più altri 125 in Trentino e Friuli. Una tornata di amministrative che comincia già domenica con 34 municipi alle urne in Sicilia - dove non a caso accorrono in questi giorni Matteo Salvini, Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti - e che proseguirà il 16 giugno con 29 Comuni in Sardegna. In tutto, 3.856 città sono chiamate a rinnovare sindaci e Consigli comunali.

In ritirata il M5S: liste pentastellate sono presenti soltanto in 285 municipi (il 7,4% del totale) e in 24 capoluoghi di provincia su 28. Anche se si tenta in queste ore di recuperare Potenza, Rovigo e Ascoli Piceno. Con Avellino “riacciuffata” in extremis.

La mappa delle liste aggiornata a ieri vede il Movimento correre in un Comune su 13. Un record negativo assoluto dalle amministrative del 2012, che suona quanto mai anomalo oggi che il Movimento è al Governo. E che richiama alla mente il monito di Di Maio all’indomani del tracollo M5S alle regionali abruzzesi, quando aveva tuonato: «Dove non siamo pronti dobbiamo smetterla di presentarci». Un ordine che sembra sia stato eseguito alla lettera. È la Lombardia la regione dove i Cinque Stelle presentano il maggior numero di liste (49), seguita dall’Emilia Romagna, che ne conta 47, e dalla Toscana (41).

Tra i capoluoghi, il M5S risulta assente a Cagliari, che va al voto dopo l’addio a sindaco di Massimo Zedda. Alle elezioni suppletive per la Camera di gennaio, non aveva comunque ottenuto un gran risultato: si era visto sfilare il seggio dal Pd. Anche alle regionali, il Movimento in città non aveva brillato: si era fermato sotto il 10 %.

Nessuna lista compare ancora ufficialmente a Potenza e ad Ascoli Piceno. Nel capoluogo lucano la partita è stata complicata dalla rivalità tra il capogruppo uscente Savino Giannizzari e Marco Falconeri, piazzatisi ex aequo alle consultazioni degli attivisti. Giannizzari ha fatto un passo indietro, ma con lui si sono ritirati dieci candidati in lista. Ripresentata con Falconeri candidato sindaco, ma ancora in attesa del sigillo ufficiale. Ad Ascoli Piceno lo scorso marzo era stato dato il via libera a Massimo Tamburri candidato sindaco, ma anche la sua lista non risulta ancora ufficialmente in elenco.

Compare invece Bergamo, dove però è corsa contro il tempo per completare entro venerdì la raccolta firme a sostegno del candidato Nicholas Anesa: ne servono 350, ce ne sono un centinaio. Colpa del ritiro dalla corsa, il 19 aprile, del consigliere Fabio Gregorelli, che ha deciso a sorpresa di lasciare il Movimento e di candidarsi nella lista Bergamo Ideale del leghista Giacomo Stucchi, candidato del centrodestra, che cercherà di insidiare il sindaco uscente Giorgio Gori (centrosinistra).

Anche Rovigo, presente nella mappa, il candidato sindaco è stato individuato soltanto a metà aprile dopo un confronto interno ai meetup: si tratta di Mattia Maniezzo, giovane vigile del fuoco alla sua prima esperienza politica. Svetta il caso Avellino, città natale di Di Maio e patria del sottosegretario all’Interno, Carlo Sibilia. L’anno scorso il M5S aveva vinto con Vincenzo Ciampi, defenestrato a novembre dopo appena cinque mesi con un voto di sfiducia del Consiglio comunale. Ora i Cinque Stelle ci riprovano, schierando l’ex vicesindaco Ferdinando Picariello, ma scatenando la rabbia di tanti attivisti secondo cui serviva una scelta di discontinuità rispetto alla precedente fallimentare esperienza.

Anche in questo round, comunque, il M5S rischia di giocare un ruolo marginale nei Comuni più grandi. Come a Bergamo, anche a Bari e a Firenze si profila infatti una sfida “classica” tra centrodestra e centrosinistra. L’esperienza di Governo non pare aiutare i pentastellati a risolvere la loro tradizionale debolezza sul territorio. Al contrario, risulta tanto più evidente quanto più radicata si mostra la “presa” della Lega, alleata a Palazzo Chigi ma rivale alle amministrative.

Il trionfo di Chiara Appendino a Torino e di Virginia Raggi a Roma, nel 2016, è un ricordo lontano. Quelle esperienze, peraltro, non hanno certo contribuito a risalire la china. Anzi. Adesso si confida nella riorganizzazione annunciata da Di Maio, che dovrebbe veder sorgere coordinamenti regionali. I big restano cauti. Solo dopo il test delle europee si capirà se l’elettorato del M5S resta «a fisarmonica», secondo la definizione dell’Istituto Cattaneo di Bologna: se cioè si rimpicciolisce se la competizione è in chiave locale e si allarga ancora quando ha una dimensione nazionale.

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