Il cortocircuito sempre più continuo tra M5S e Lega, azionisti di maggioranza del governo Conte, chiama in causa anche i rapporti tra Stato ed enti locali. E in questi giorni di accesa campagna elettorale, con le Europee che sono oramai alle porte, i dossier, in questo ambito che più o meno indirettamente rimanda al tema scivoloso dei costi della politica, si moltiplicano.
Tre quelli all’ordine del giorno: l’autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, il «salva Roma» - uscito fortemente depotenziato dall’ultimo consiglio dei ministri che ha dato il via libera definitivo al decreto Crescita (la partita si riaccenderà nella conversione parlamentare) -, fino al ritorno delle Province, previsto nell’ultima bozza delle Linee guida per la riforma degli enti locali. Nei tre casi la sensazione è che si attendano le Europee, che potrebbero delineare nuovi equilibri all’interno del governo. Un riscontro positivo alle urne per il Carroccio potrebbe premere sull’acceleratore dell’autonomia differenziata.
Il braccio di ferro sull’autonomia di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna
Matteo Salvini, sulla spinta dei Governatori leghisti di Veneto e Lombardia, preme per portare a casa il ddl in tempi stretti.
M5S, invece, frena. Si fa, è nel contratto - assicura Di Maio -, ma secondo certi criteri e senza spaccare il Paese in due.
Il rischio, è il messaggio lanciato dai pentastellati, è che si creino regioni di serie A e regioni di serie B. Di qui le
distanze sui tempi. Per il leghista, l’intesa raggiunta deve essere vagliata nel passaggio parlamentare, ma l’accordo non
deve essere stravolto nel passaggio tra Camera e Senato. Diversa la posizione M5S: secondo Di Maio, il presidente della Camera
Roberto Fico e il ministro per il Sud Lezzi, in questo “spalleggiato” dalla collega del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati,
il contributo del parlamento non può essere di mero passacarte. «Non vorrei che qualcuno usasse il parlamento per perdere
mesi o anni su una riforma che é urgente», ribatte il ministro dell’Interno. «Conto che a brevissimo il Consiglio dei ministri
approvi la riforma che per la Lega è già ben chiara, c’è nel contratto di governo - aggiunge -. I grillini sia in Veneto sia
in Lombardia hanno sostenuto il referendum e quindi mi auguro che non abbiano cambiato idea».
Il «salva Roma» azzoppato e il buco per il comune di Roma
Secondo dossier: il «Salva Roma». È la norma prevista nel decreto crescita che il 4 aprile ottiene un via libera «salvo intese»
e che prevede la chiusura nel 2021 della struttura commissariale dipendente da Palazzo Chigi, che gestisce da anni tutti
i debiti accumulati dalla Capitale fino al 2008 (un fardello giunto al momento a quota 12 miliardi). Questa stessa norma viene fortemente depotenziata nel testo uscito dal burrascoso consiglio dei ministri del 23 aprile.
È l’ennesima prova di forza all’interno della maggioranza tra pentastellati e leghisti, con i primi a favore della disposizione
e i leghisti contrari. Alla fine lo stralcio di gran parte dei commi, e il Carroccio che si aggiudica il primo tempo della
partita. Il secondo si giocherà nella conversione del decreto crescita in parlamento: i Cinque Stelle hanno già annunciato
che darannno battaglia e si rifaranno avanti sugli emendamenti. Salvini sostiene invece che la norma salva Roma rientrerà
in un provvedimento ad hoc assieme alle misure per altri Comuni in difficoltà, come Catania, Alessandria e Savona. La sforbiciata della norma crea per il comune di Roma un problema di liquidità. Allo stato attuale, dopo lo stralcio di gran parte dei commi, il Campidoglio erediterebbe il problema oggi previsto nei
conti del commissario straordinario al vecchio debito: problema che la rinegoziazione del bond comunale 2003-4 da 1,4 miliardi
(costo 3,6 con gli interessi) puntava a evitare. Ma proprio la rinegoziazione è finita sotto le forbici del governo.
GUARDA IL VIDEO - La riforma Lega-M5S ripesca le Province
Il dietrofront sulle Province
Il dossier più recente è, infine, quello che riguarda il ritorno delle Province. L’ultima bozza delle Linee guida per la riforma
degli enti locali, uscita dal tavolo tecnico-politico in conferenza Stato-città al quale hanno partecipato i Cinque Stelle
e la Lega, fa risorgere le Province e riaccende la corsa a circa 2.500 posti fra consiglieri, assessori e presidenti. I Cinque
Stelle fanno presente che sono a favore dell’abolizione delle Province e, con riferimento ai contenuti del documento anticipato da Il Sole 24 Ore, suggeriscono di «chiedere alla Lega». Il Carroccio, tramite lo stesso Salvini, replica che, se i Comuni non riescono a fornire
i servizi ai cittadini, servono le province. «L’abolizione delle province - continua il vicepremier - è una buffonata di Renzi,
che ha portato disastri soprattutto nelle scuole e alle strade. Io voglio che in tutta Italia ritornino condizioni normali».
Se sull’autonomia differenziata Di Maio apre, lo stesso non accade per quest’ultimo dossier. «Quello che non si rifarà - sottolinea
- sono le Province, ve lo assicuro. Bisogna andare avanti, non indietro». E avanti, tra 27 giorni, ci sono le Europee.
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