Ancora ieri le tensioni della maggioranza hanno attraversato le stanze del Colle. Dai 5 Stelle, per esempio, si faceva trapelare la notizia di un intervento di Sergio Mattarella sul sottosegretario Siri – per suggerirne le dimissioni – ma dal Quirinale hanno prontamente smentito che il capo dello Stato si sia occupato (o voglia farlo) di una questione che è tutta politica e la cui mediazione spetta agli azionisti del Governo e al premier. Insomma, un tassello in più al caos che sta dettando l'ordine del giorno di Salvini e Di Maio anche se negli uffici quirinalizi si prestava attenzione soprattutto al destino del decreto crescita: una legge che dovrebbe riparare alle difficoltà dell'economia ma che è diventato l'epicentro della conflittualità politica.
La regola che ci si è dati al Colle è di aspettare e raffreddare le tensioni anche se dal Governo saliva un altro timore: quello sulla legittima difesa, la legge che è stata approvata a fine marzo ma su cui Mattarella non ha ancora messo la sua firma. Da ambienti della Lega raccontano di non avere alcun sentore di un possibile stop del Quirinale, è vero - però - che il tempo che il capo dello Stato sta impiegando per il via libera fa immaginare un vaglio rigoroso e profondo. È evidente che i principi che mette in gioco la legge sono l'oggetto di tanto scrupolo, a cominciare da quel passaggio sulla difesa è “sempre” legittima. Un conto, infatti, è il messaggio politico, altra cosa è inserirlo nel contesto delle norme e soprattutto della Costituzione dove viene salvaguardato il bilanciamento dei valori in gioco. Insomma, se è passato quasi un mese la ragione sta proprio in una valutazione accurata di tutte le implicazioni e pure se viene escluso un rinvio alle Camere non è da escludere l’ipotesi che Mattarella possa rappresentare le sue preoccupazioni con un messaggio contestuale alla firma (vedi Commissione d'inchiesta sulle banche).
E non è tutto. Perché dal Colle passano altri fili ad alta tensione: quelli sul rinnovo di Banca d'Italia. Come si sa, resta un forte disaccordo nella maggioranza sul nome di Alessandra Perrazzelli ma ormai il tempo sta per finire. Nel senso che il 9 maggio scadono i mandati di Salvatore Rossi e Valeria Sannucci e quindi dal giorno dopo resterebbero in carica solo il Governatore e Fabio Panetta. Una situazione che sembra non avere precedenti e che bloccherebbe il funzionamento del Direttorio. Dunque, senza il previsto parere di Conte e Tria (sentito il Consiglio dei ministri) al pacchetto di nomine, si conclamerebbe uno stallo che coinvolgerebbe Mattarella visto che è lui con un suo Decreto a ufficializzare i nuovi componenti. Il conto alla rovescia è iniziato.
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