Quando dici “Cuneo-Pinerolo”, chi ama il ciclismo sobbalza sulla sedia e corre subito alla leggendaria vittoria di Fausto Coppi nel 1949. Un’impresa che, nel centenario della nascita del campione, resta nella memoria collettiva del Paese. Un po' come la notte di Madrid, quando nel 1982 l’Italia vinse il Mondiale: l’urlo di Tardelli, la gioia del presidente Pertini, l’Italia che va nel pallone. O come per il Mondiale del 2006, con Lippi e Buffon che s’abbracciano sotto il cielo di Berlino.
Nomi evocativi, immagini cariche di suggestioni. Settant'anni dopo l’impresa di Coppi, giovedì 23 e venerdì 24 maggio, il Giro d’Italia ritorna in Piemonte. Questa volta senza toccare le montagne sacre del Campionissimo (Maddalena, Vars, Izoard, Monginevro e Sestriere) ma scendendo a quote più normali: prima nel Cuneese, andando verso Saluzzo, e poi, nella seconda tappa (Pinerolo-Ceresòle Reale), affrontando le Valli di Lanzo per puntare al parco del Gran Paradiso, il Gigante dei giganti.
Ceresòle è un paese di duecento abitanti. Diventato Reale perchè era la riserva di caccia di Vittorio Emanuele II. Ora un
è un paradiso della natura abitato da camosci e marmotte. Che tutto il mondo ci invidia, ma all’insaputa degli italiani.
Il Giro attraversa anche la provincia di Torino, senza toccare la città, più distesa a Sud -Ovest. Una calamita a volte attrattiva,
altre volte respingente. Con i suoi portici, le sue imprese, i suoi slanci e le sue frenate autoreferenziali.
Partiamo allora da Cuneo, da dove s’irradia la Provincia Granda. «Tutti abbiamo fatto il militare a Cuneo», dice una consumata battuta di Totò. Quando gliela ricordiamo, Cristina Clerico, assessore allo sport e alla Cultura, quasi ci manda al diavolo. Ma siccome è gentile, dice: «Noi vorremmo andare oltre a questa battuta… Cuneo è una città sempre più viva, molto cambiata negli ultimi anni e molto legata al Giro perchè qui il ciclismo è uno degli sport più amati. La mostra che abbiamo allestito su Fausto Coppi, serve anche a raccontare un territorio dove le sue imprese hanno fatto la storia, non solo sportiva. Imprese avvenute in montagna, un territorio per noi caratterizzante. Ci piacerebbe capire se il mito di Coppi vive anche nelle nuove generazioni. Ci spiacerebbe andasse perso».
“I venti della crisi si sono sentiti, ma ne siamo stati preservati. Il tasso di disoccupazione è più basso della media, anche quello giovanile. Siamo fortunati, ma anche virtuosi perché c'è tanta operosità”
Cristina Clerico, assessore allo sport e alla Cultura di Cuneo
La provincia di Cuneo, con tutte le sue ramificazioni, è vitale per il Piemonte. Com'è la situazione adesso? «I venti della crisi si sono sentiti, ma ne siamo stati preservati. Il tasso di disoccupazione è più basso della media, anche quello giovanile. Siamo fortunati, ma anche virtuosi perché c'è tanta operosità. Il Giro ci porta visibilità. Abbiamo bisogno di essere raccontati per superare alcuni pregiudizi sul nostro territorio. In passato, geograficamente, siamo stati ai margini dell’impero, come dimostra tutto il dibattito sulle nostre infrastrutture, non di livello e non completate: come la Cuneo-Asti e il traforo del colle del Tenda, oltre alla questione della Tav. Ma noi vogliamo essere centrali perchè abbiamo tanto da offrire. Il terzo millennio lo impone. Siamo riconnessi con il mondo, ma la nostra comunità non sempre lo percepisce. Anche perché siamo più portati al fare che al raccontare. Un po 'come Coppi, un uomo coi piedi per terra, ma proiettato nel futuro e capace di rompere gli schemi».
Turismo e bicicletta vanno d'accordo anche da voi? «Molto d’accordo. È un modo ideale per conoscere il territorio. È un turismo che ci piace e che ci appartiene. Un turismo attento, non di massa, lento e per lo più familiare. Insomma, un turismo perfetto per le nostre zone», conclude Clerico.
“Il Cuneese è un territorio molto importante per la nostra regione. Girarlo in bicicletta è l’ideale. Per visitare aziende agricole, luoghi storici, cantine ci vuole un tempo rilassato”
Carlo Petrini, fondatore di Slow Food
Turismo slow, turismo a misura d’uomo, turismo dei sapori e della qualità. Temi che ci portano subito a Carlo Petrini, fondatore e guida di Slow Food. Nato a Bra, Petrini conosce bene il Cuneese. « Proprio ai piedi delle Alpi, questo è un territorio molto importante per la nostra regione. Girarlo in bicicletta è l’ideale. Il turismo collinare, più interno, è molto legato a questa dimensione. Per visitare aziende agricole, luoghi storici, cantine ci vuole un tempo più rilassato. Poi questa non è una zona isolata. Storicamente è sempre stata un baricentro della storia: penso al marchesato di Saluzzo, penso ai valdesi. La Francia è vicina. Anche il collegamento con Torino è nettamente migliorato. Siamo tutti europei, sarebbe ora di capirlo… La Tav? Si è sbagliato prima. La cosa migliore sarebbe stata di quella di condividerne il progetto con la popolazione. Ora è tutto più difficile».
Petrini su Coppi ha le idee chiare: «È un mito molto radicato. Che si celebri è giusto, soprattutto nella sua regione. Come piemontese lo sento molto vicino. Poi, che suo nipote produca un ottimo vino, è significativo del suo forte legame con la terra…».
“Il Paese vive un momento di grande difficoltà. In Piemonte però, soprattutto nella meccanica, abbiamo delle eccellenze che, nonostante tutto continuano a fare innovazione”
Giorgio Marsiaj , presidente di Amma
Turismo e aziende agricole, certo. Ma il Piemonte, soprattuto nel Cuneese e nella cintura torinese, è soprattuto sinonimo
di industria, di grandi e piccole imprese meccaniche. Una economia ancora molto legata alla cultura delle quattro ruote, all’automotive
e al suo indotto. Giorgio Marsiaj , presidente di Amma, l’Associazione delle aziende metalmeccaniche di Torino, è parzialmente ottimista. «La crisi? Il Paese vive un momento di grande difficoltà. Inutile nasconderlo. Lo dicono i numeri:
non si cresce. In Piemonte però, soprattutto nella meccanica, abbiamo delle eccellenze mondiali che, nonostante tutto continuano
a fare innovazione. Anche nel Cuneese abbiamo grandi eccellenze, e non solo nei cibi e nei vini, che sono cose importantissime,
ma che non bastano da sole a fare crescere una economia», spiega Marsiaj, che dirige anche la Sabelt, una storica azienda
di cinture di sicurezza per vetture da competizioni e di serie.
Quindi cosa propone? Cosa chiede alla politica? «Per crescere l’economia, devono crescere l’industria, la manifattura. Faccio un esempio: la metalmeccanica esporta più del 50 per cento dell'expo del nostro Paese. E in Piemonte il 60 per cento delle esportazioni è generato dal nostro settore. Che copre non solo l’automobile, ma tutto l’automotive e tutta la mobilità in generale. Un settore che sta però attraversando un periodo di profondo mutamento tecnologico. La società cambia, la digitalizzazione intacca tutto il nostro modo di vivere… Purtroppo In Italia manca una politica industriale. Bisogna lavorare all’interno di un progetto complessivo costruito con l'Europa. Che tenga conto anche del credito. La mobilità in Italia dà lavoro un milione a 200 mila persone. A Torino il 75% delle esportazioni è generato dal nostro settore. E allora, se siamo trainanti, se ne prenda atto. Questo chiediamo al governo: una politica condivisa, attrezzata ai grandi mutamenti globali».
Ma torniamo ai luoghi del Giro. Nella seconda tappa, quella di venerdì 24 , per andare verso il Gran Paradiso, si passa dalle Valli di Lanzo. Posti straordinari, non lontani da Torino che però, negli ultimi anni, hanno sofferto di scarso sviluppo turistico per la “ritirata”delle grandi famiglie torinesi, stanche della classica villeggiatura estiva. Ormai si va alle Seychelles, a Berlino, ma meno dietro il cortile di casa. Il turismo globale, insomma. Ma qui, in queste valli, il Giro cosa trova? «Un territorio molto motivato», spiega Daniela Majrano, sindaco di Viù. «Dopo l’esperienza dell'anno scorso, dopo il passaggio del Giro, qui il turismo è cresciuto del 10 per cento. Un dato significativo alimentato dagli escursionisti e dai ciclo turisti. Utenti perfetti per queste valli, che vanno conosciute lentamente con la bicicletta d’estate, con gli sci di fondo e le ciaspole d’inverno. Un turismo formato famiglia, ma che chiede dei servizi adeguati. Più calibrato sulle nuove esigenze, con servizi di trasporto leggeri per spostare i bagagli nei vari tour. Servizi con istruttori che portino i turisti su percorsi mappati su internet. Percorsi legati anche a una curata offerta culturale. All’estero sono attentissimi. Vanno legate tante cose, ma ci stiamo riuscendo. Un lavoro capillare, che porterà lontano».
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